IL NUMERO

1.023.454

È il numero dei pescatori ricreativi in mare, in Italia, registrati dal censimento ministeriale (MIPAAF) nel 2017. L’iscrizione a questo rilevamento statistico era sì obbligatoria, ma non prevedeva alcuna penale, pertanto il dato risulta verosimilmente sottostimato. Dati certi sull’entità del fenomeno non sono attualmente disponibili: si stima comunque che 1,5/2 milioni di italiani svolgano, più o meno saltuariamente, questo tipo di attività ricreativa, mentre i pescatori professionisti in mare in Italia non superano i 28.000 addetti.

La pesca ricreativa marittima è una delle attività del tempo libero più tradizionali, antiche e diffuse a livello planetario. Un hobby che niente ha da condividere con un’attività commerciale, educativo nel rispetto dell’ambiente, consente di stare in contatto con la natura ed in caso di buon esito della pesca, anche di consumare un prodotto di alta qualità col valore aggiunto di averlo catturato personalmente.

Con l’inizio del boom economico, negli anni ‘60, la pesca ricreativa è divenuta un’attività di massa, con un numero di affezionati sorprendente in Italia, ma anche in Europa. La stima del valore economico è elevata: 25 milioni di pescatori europei spendono per questo hobby più di 25 miliardi di euro l’anno (circa 1000 euro a persona). I pescatori ricreativi italiani in mare utilizzano circa 620.000 barche immatricolate e non, oltre a questi occorre sommare i pescatori da terra che esercitano questo passatempo, generalmente utilizzando canne e lenze, dagli oltre 8.300 Km di costa continentale e di litorale delle isole. La stima del prelievo annuo di stock ittico della pesca ricreativa in Italia varia dall’1,5 al 10% in peso del catturato totale della pesca professionale marittima.

Tra pesca ricreativa e pesca professionale artigianale si creano spesso situazioni di conflittualità, dovute ad attività di prelievo, nelle stesse aree marine costiere e secche del largo, su identiche specie ittiche, nonché a tecniche di pesca che interferiscono e si ostacolano e vicenda, ma anche e soprattutto al problema della pesca professionale “fantasma”, problematica comune a molte coste mediterranee di altri paesi. Questo fenomeno consiste nell’attività di pescatori professionisti “al nero”, camuffati da ricreativi, che operano illegalmente con attrezzi professionali, usando barche da diporto, pescano senza limiti di cattura, vendono il pescato, commettendo illeciti fiscali, contributivi e sanitari.

Questa attività di pesca pseudo-professionale, spesso rilevante, sebbene sottovalutata e socialmente accettata, causa fenomeni di concorrenza sleale con i veri e legali professionisti, creando notevoli conflitti tra le due categorie di pescatori: i professionisti ed i veri e corretti pescatori sportivi.