IL NUMERO

1.132,72

Almeno 20.000 dottorandi in Italia vivono con poco più di 1.000 euro netti al mese, 1.132,72, per l’esattezza. E in più devono anticipare di tasca propria le spese per partecipare ai convegni, compreso il viaggio e l’alloggio, che per lo più vengono rimborsate dopo sei mesi abbondanti. Considerando che generalmente devono anche garantire la presenza fissa, è un compenso da fame, se rapportato allo stipendio, allo status e quindi al prestigio di cui godono i loro omologhi all’estero.

Negli Stati Uniti, solo per fare un esempio, un dottorando prende il doppio rispetto all’Italia, è l’Università che si fa carico dei costi per la partecipazione alle conferenze e per  il materiale di studio. Qui invece, devono pagare di tasca propria anche le tasse annue di iscrizione (che possono arrivare a 2.000 euro), molti corsi prevedono l’incompatibilità con altre eventuali occupazioni, anche se è il collegio accademico che deve valutare caso per caso.

Eppure dovrebbero essere i ricercatori la forza della nostra università, della ricerca e dell’innovazione, giovani brillanti, capaci e preparati che finiscono per fare i galoppini dei ben più blasonati (e retribuiti) accademici. Basti pensare esiste anche il dottorato senza borsa di studio, cioè gratia et amore dei, che alcuni decidono di accettare come viatico per la loro futura affermazione professionale, rischiando in molti casi che il professore si rifiuti di accettare un dottorando non pagato, ritenendolo moralmente inaccettabile. È quanto racconta un giovane biologo molecolare che ha affidato il suo sfogo al web.

Non c’è da stupirsi, quindi se in 10 anni, in Italia, il numero di chi tenta questo percorso, sperando in una successiva assunzione all’università, è sceso del 40% e che ci siano solo 10 atenei (di cui 8 al nord) che offrono posti di dottorato.

E alla fine, dopo aver lavorato per poco più di mille euro al mese, quando va bene, magari senza nemmeno poter contare sulla qualità della formazione, meno del 10% dei ricercatori avrà la possibilità di un’assunzione all’università a tempo indeterminato.

Tags