LA DATA

1 febbraio 1966

In America lo avevano soprannominato “faccia di pietra”, Joseph Frank Kesaton, al secolo Buster Keaton, icona del cinema muto, morto all’età di 70 anni, il 1° febbraio 1966. Doveva il soprannome all’espressione impassibile che sapeva mantenere in ogni circostanza e che scatenava, per contro, una comicità irresistibile. Anche il nome d’arte “Buster” (rompicollo, distruttore, indistruttibile) era un soprannome, che gli era stato dato dal celebre mago Houdini, dopo che lo aveva visto rialzarsi senza un graffio da una rovinosa caduta sulle scale di casa. Era, allora, appena un bambino che il padre, artista di vaudeville a capo di una piccola compagnia di teatranti, già preparava per il palcoscenico con duri allenamenti e altrettanto duri insegnamenti, convinto – a ragione – che il figlio avesse un talento naturale per l’arte di strada. Lo faceva lavorare così tanto che venne multato dalla città di New York per sfruttamento di minore.

Era nato a Piqua, in Kansas, il 4 ottobre 1895 ed era cresciuto come saltimbanco, attore di strada, illusionista, tanto che a 20 anni era già una star e lavorava in proprio a New York. Nella Grande mela, peraltro, conobbe Natalie Talmadge – segretaria privata del divo del cinema comico Roscoe “Fatty” Arbukcle – che Keaton sposò nel 1921 e grazie alla quale ebbe il primo contratto per il cinema proprio da Arbuckle. Il duo Keaton-Arbukcle ebbe un successo clamoroso, produsse una ventina di cortometraggi comici del genere slapstick comedy che prepararono la strada all’esplosiva ascesa del geniale giovane Buster, nel mondo del cinema.

Fu proprio in quel periodo, infatti, che Keaton decise di mettersi in proprio con la “Buster Keaton Comedies”, per la quale, nei tre anni successivi, scrisse, girò e interpretò 23 cortometraggi, seguiti dai film La palla n° 13, Il navigatore, Io e la boxe, Come vinsi la guerra, che hanno fatto la storia del cinema.

L’inizio della fine fu quando Keaton, accettando le regole della Metro Goldwyn-Mayer, cedette la regia dei suoi film. L’avvento del sonoro, fece il resto. Cominciò a bere, venne abbandonato dalla moglie, rischiò di morire per a un attacco di delirium tremens e non recuperò mai fino in fondo la stima di sé. La sua stella era tramontata del tutto e, tranne alcune brevi apparizioni (Chaplin lo chiamò, per solidarietà e come tributo a un maestro ormai dimenticato, a interpretare il pianista triste in Luci della ribalta), sparì dal mondo del cinema, fino al 1960 quando Hollywood gli attribuì un tardivo Oscar alla carriera.