DAILY LA DATA

10 novembre 1879
Nasce Giuseppe Visconti di Modrone

Il padre del grande regista Luchino fu una personalità poliedrica nell'Italia del Novecento

Un tipo strano, Don Giuseppe Visconti di Modrone. I più lo ricordano per essere il padre di Luchino, autentica icona del cinema d’autore. Tant’è, il sangue non è acqua, e la progenie trova radice in quel bizzarro personaggio, un po’ imprenditore, melomane, dirigente sportivo che è stato il marchese di Vimodrone, conte di Linate Pozzolo, signore di Corgeno e consignore di Somma, Crenna e Agnadello. Il patrizio Don Giuseppe nasce a Milano il 10 novembre 1879; eclettico di natura,  la sua vicenda privata – con quel pizzico di visionarietà che la contraddistingue – s’intreccia a pieno titolo con le vicende storiche e del costume d’Italia. Nel 1900, a Cernobbio, si unisce in matrimonio con la signorina Carla Erba, nipote dell’omonimo industriale farmaceutico: un autentico corto circuito tra poteri forti, nascita, censo, impresa.

Ecco il Visconti entrare ben presto nel Consiglio di amministrazione del Teatro alla Scala che la sua famiglia (come altre dell’aristocrazia milanese) finanzia tradizionalmente. Nel 1914 – appassionato com’è di drammaturgia e melodramma – Giuseppe Visconti decide di prendere in gestione (sempre a Milano) il Teatro Manzoni. Con il drammaturgo e amico Marco Praga s’inventa addirittura una compagnia teatrale e mette in scena titoli come Il tabacco fa maleMedea. Fino alla svolta, sempre di qualità, ma estranea ai suoi interessi più radicati: quella di diventare presidente dell’Inter (gli succederà, nel 1919, Giorgio Hülss).

Negli anni Venti, Don Giuseppe prende casa a Roma, in una villa lungo la via Salaria; scelta per nulla accidentale, dato che la sua abitazione è vicina alla residenza dei re d’Italia. Infatti, lo si ritrova a Corte come “gentiluomo” addetto alla persona della regina Elena: le fa compagnia, si dice, aiuta la sovrana montenegrina a conversare in un buon italiano, e suscita scandalo nel bel mondo romano. Non esiste nessuna prova concreta di una relazione tra i due, ma i pettegolezzi corrono veloci. La mente di Don Giuseppe, tuttavia, è già oltre, tutta presa nella realizzazione di un borgo neo-medioevale a Grazzano, nel Piacentino. L’impresa, a dir il vero, è partita fin dai primi del Novecento: case, botteghe artigiane, laboratori cresciuti attorno all’antico castello, edificati con l’aiuto dell’architetto Alfredo Campanini e il supporto ideale di Gabriele D’Annunzio. Oltre a finanziare la ristrutturazione del castello e la costruzione di nuovi edifici, Visconti si scopre artista, mettendosi ad affrescare personalmente le pareti esterne delle case, quasi fossero quinte teatrali. Intorno al borgo, viene creato anche un bel parco di oltre quindici ettari, ingentilito da statue e fontane. Tanto si esercita, Don Giuseppe, che Vittorio Emanuele III, con un Regio Decreto, cambia il nome del paese in Grazzano Visconti e – nel 1937 – conferisce all’immaginifico creatore il titolo di duca.

Il poliedrico imprenditore, non pago del nuovo titolo nobiliare acquisito, si lancia poi in una nuova avventura: Visconti s’improvvisa, con successo, “naso” della farmaceutica Carlo Erba per cui inventa nuovi profumi, tra cui otterranno particolare fama Contessa azzurra e, soprattutto, con la complicità ancora una volta di D’Annunzio per la scelta del nome, Giacinto innamorato. Diviene talmente noto come creatore d’essenze, da fondare – sempre negli anni Trenta – una propria azienda, la Gi. Vi. Emme, conosciuta nei decenni per  Tabacco di HararFrescoAcqua di Selva. C’è anche chi si ricorda di Don Giuseppe come industriale tessile: alla Gi. Vi. Emme si affianca ben presto la Duca Visconti di Modrone, nota ancor oggi per i suoi velluti. È la storia di un’Italia novecentesca – tra monarchia e fascismo, titoli nobiliari, grandi casate (come non pensare agli Agnelli?) e concretezza imprenditoriale –, talmente improbabile da sembrare romanzata, eppure così vicina e fondante. Forse, oggi, Don Giuseppe si occuperebbe di startup, e con lo stesso entusiasmo.

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