LA DATA

10 novembre 1938

Il 10 novembre 1938 moriva Mustafa Kemal Atatürk, il padre della moderna Turchia, l’uomo che cercò di portarla a marce forzate verso la modernizzazione e le cui idee, oggi (nonostante l’ipocrisia della politica in generale e di quella mediorientale in particolare), sono clamorosamente smentite dall’attuale premier Recep Tayyip Erdogan.

Atatürk diede vita a una serie di riforme straordinarie per quei tempi, sulla base di un’ideologia di chiaro stampo occidentalista, nazionalista e avversa al clero musulmano, che prese il nome di kemalismo. Abolì il califfato, pose le organizzazioni religiose sotto il controllo statale, laicizzò lo Stato, riconobbe la parità tra i sessi, istituì il suffragio universale (ma anche la domenica come giorno festivo: il che è esagerato), proibì l’uso del velo islamico alle donne nei locali pubblici (legge poi abolita da Erdogan), adottò l’alfabeto latino, il calendario gregoriano, il sistema metrico decimale, proibì l’uso del fez e del turbante perché troppo legati al passato regime (così come la barba per i funzionari pubblici e i baffi alla turca per i militari). Mantenne però l’Islam come religione di Stato e infine, in ambito giuridico, abrogò ogni norma e pena che potesse ricollegarsi alla legge islamica, lasciando tuttavia la pena di morte. Fu un leader autoritario. Il suo regime era fondato sul partito unico e per evitare che movimenti islamisti futuri potessero annullare le sue riforme, mise a guardia della costituzione kemalista l’esercito, autorizzandolo ad eventuali colpi di stato per difendere la secolarizzazione.

Oggi al suo posto c’è Recep Tayyip Erdogan. Un leader che, partito come sindaco di Istanbul, è diventato presidente della Turchia con poteri più simili a quelli di un sultano che di un presidente laico e democratico (come forse sognava Atatürk). Erdogan vuole riportare la Turchia agli antichi fasti della politica Ottomana. In pratica fare del suo Paese il centro nevralgico del Medioriente. Per ottenere questo non guarda in faccia a nessuno. Disprezza l’Arabia Saudita, odia la Siria di Bashar al Assad non va d’accordo con l’Iran e, nel conflitto tra Arabia e Qatar, ha preso chiaramente le difese del piccolo stato in chiave antagonista nei riguardi della famiglia dei Saud. Con Israele ha un rapporto conflittuale e utilitaristico. Così come con l’Europa, con la Russia e naturalmente con gli Stati Uniti. Insomma fa un po’ quello che vuole. Va da sé che, se può, evita le guerre esterne, ma non quelle interne (leggi movimenti curdi che identifica come terroristi e dunque come una vicenda di ordine pubblico) e non ama la democrazia. Gli episodi di repressione in tal senso sono infiniti (l’ultimo è quello relativo al sedicente colpo di stato del suo ex amico Fethullah Gulen – politologo e santone che vive negli Stati Uniti – dove ha arrestato e fatto licenziare migliaia di persone) e soprattutto la guerra intrapresa contro la stampa libera. Ha chiuso ben 45 giornali e arrestato 47 giornalisti.

Per questa sua politica ha protestato mezzo mondo. Ma a lui non importa. Eppure basterebbe poco per metterlo nell’angolo. La recente crisi della lira turca, della scorsa estate, ha messo in luce quanta spocchia e quanta debolezza caratterizzi il suo regime, ma i grandi del mondo non intendono fermarlo, né aprire un nuovo fronte in un’area di per sé piuttosto calda.

Insomma… oggi, 80 anni fa, moriva Ataturk e con lui l’ipotesi che un giorno la Turchia potesse diventare un paese laico.

Tags