LA DATA

11 febbraio 1929

Sono trascorsi 89 anni dalla firma dei Patti Lateranensi, gli accordi siglati l’11 febbraio 1929 dal capo del governo italiano, Benito Mussolini, e dal Segretario di Stato vaticano, cardinal Pietro Gasparri che misero fine alla controversia tra Chiesa e Stato italiano, affiorata dopo l’Unità d’Italia – la cosiddetta “questione romana” – portando a quella che viene chiamata la “conciliazione”.

I Patti Lateranensi del ‘29 si compongono di due parti. La prima è un Trattato internazionale: la Santa Sede riconosce lo Stato italiano con Roma capitale e si vede riconosciuta la sovranità sullo “Stato della Città del Vaticano”; l’Italia si impegna a pagare al Pontefice una indennità, come riparazione per aver perso lo Stato Pontificio.

La seconda parte è costituita dal Concordato, che regola i rapporti tra Chiesa e Regno d’Italia: stabilisce che la religione cattolica sia la sola religione di Stato. E prevede una serie di misure, come gli effetti civili del matrimonio religioso e l’esenzione del servizio militare per i sacerdoti. Permette inoltre alle organizzazioni dell’Azione Cattolica di continuare a operare e stabilisce l’insegnamento della religione cattolica come «fondamento e coronamento» dell’istruzione pubblica.

Il Concordato è stato rivisto, dopo lunghe e laboriose trattative, il 18 febbraio 1984: a firmarlo a Roma, a Villa Madama, il presidente del Consiglio italiano, Bettino Craxi, e il cardinale Agostino Casaroli, in rappresentanza della Santa Sede.

La religione cattolica non è più definita sola religione di Stato. L’ora di religione nelle scuole, fino a quel momento obbligatoria, diventa invece facoltativa. Vengono stabilite delle condizioni da rispettare perché un matrimonio celebrato col rito religioso possa essere riconosciuto come unione civile, dallo Stato italiano. Viene inoltre introdotto un nuovo metodo di sostentamento della Chiesa, l’8 per mille, che entra in vigore il 1° gennaio 1990: il meccanismo attraverso il quale si può devolvere quella percentuale di gettito Irpef alla Chiesa cattolica.

Retaggio del fascismo, il Concordato continua a far dello Stato italiano un eccellente paradosso di soggezione consenziente. Legittima infatti il Vaticano a esercitare una sovranità indiretta sugli organi istituzionali della Repubblica e a propagare su essa un illimitato potere di controllo politico-sociale, ricevendo anche lauti finanziamenti per questi privilegi.

Il Vaticano, infatti, accumula una montagna di miliardi con i finanziamenti prelevati dalle imposte degli italiani; con quelli per l’istruzione cattolica, con le esenzioni dal pagamento di consumi energetici e smaltimento rifiuti; con la dispensa da imposte e tasse sulla miriade delle proprie redditizie attività commerciali. Per esempio dall’imprenditoria turistica (si pensi solo all’Opera Pellegrinaggi), dagli immobili di proprietà ecclesiastica adibiti a scopi commerciali: ex-conventi ed ex collegi trasformati non solo in case di cura o di riposo, o in centri sportivi, ma anche in residenze, pensionati e lussuosissimi alberghi a tante stelle.

Il Vaticano possiede un immenso patrimonio immobiliare che costituisce il 20% di quello dell’intera nazione e, solo a Roma, la Congregazione di Propaganda Fide, l’ex Sant’uffizio, possiede ben 725 fabbricati con circa 2.000 uffici e appartamenti per un valore commerciale stimato in 9 miliardi di euro. I proventi di questo patrimonio vanno ad assommarsi a quelli che lo Ior accumula dai suoi affari internazionali, in una logica molto distante da quella del Vangelo a cui la Chiesa si ispira.

Nel 2000, inoltre, è stato introdotto il sistema paritario d’istruzione che ha aperto al finanziamento delle scuole private, elevandole a “paritarie”. Un paradosso giuridico per aggirare la Costituzione che individua nella scuola statale un proprio organo costituzionale, e per questo esclude con quel «senza oneri per lo Stato» all’articolo 33 che le scuole private possano essere finanziate col pubblico denaro. Nel 2003 gli insegnanti di religione cattolica sono stati immessi in ruolo nel 2003 e, pur continuando a dipendere in tutto e per tutto dai vescovi – tranne che per lo stipendio, più alto di quello degli altri docenti, da sempre a carico dello Stato – adesso possono transitare su altre cattedre e posti dirigenziali.

Privilegi come questi rivelano quanto ancora gli effetti del Concordato facciano dell’Italia un paese “atipico” dove la Chiesa ha ancora un compiacente peso sui temi della famiglia, della sessualità, della riproduzione, del testamento biologico, dei diritti civili e di tanto altro ancora.

Fin dalla sua promulgazione il nuovo Concordato del 1984 ha evidenziato due meccanismi di favoritismo di Stato, in entrambi i casi spacciati per libertà di scelta: quello del prelievo fiscale dalle imposte degli italiani pro Chiesa cattolica (8‰) e quello della facoltatività dell’insegnamento della religione cattolica (IRC).

L’’ora di religione nelle scuole statali ha sollevato numerosi problemi giuridici arrivati fino alla Corte Costituzionale, in particolare riguardo alla possibilità per chi non sceglie l’IRC di non essere trattenuto a scuola mentre i compagni frequentano l’ora di religione.

La Suprema Corte ha chiarito non solo la legittimità di non seguire l’ora di cattolicesimo, ma neppure un insegnamento ad esso alternativo (sentenza n°203 del 1989), e con la sentenza n° 13 del 1991 ha fissato definitivamente la non negoziabilità dello «stato di non obbligo» a restare dentro le mura scolastiche.

Attualmente, soprattutto nelle scuole superiori ci sono intere classi dove nessun ragazzo ha scelto di avvalersi dell’IRC. Eppure le nomine dei docenti di religione sono in aumento.

Insomma, la creazione di uno Stato laico che lasci a tutte le religioni indistintamente di essere vissute e sentite nel profondo della propria anima senza vincolare i meccanismi della cosa pubblica in Italia appare ancora molto lontana.

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