DAILY LA DATA

12 dicembre 1969
Bombe eversive a Milano e a Roma

Cinquant'anni fa iniziava ufficialmente la strategia della tensione in Italia, con cinque bombe e una strage che resterà impunita
ANSA/Alberto Cattaneo

Sono passati cinquant’anni tondi dalla strage di piazza Fontana, ne ha scritto qui Gianna Bandini con tutti i particolari del caso. Diciassette morti ammazzati da una bomba dentro a una banca, due anarchici accusati ingiustamente – Giuseppe Pinelli volato giù da una finestra della Questura di Milano, Pietro Valpreda in galera per anni – e l’unica giustizia che hanno avuto sono diciotto formelle che il comune di Milano ha fatto apporre in memoriam, a mo’ di pietre d’inciampo: su diciassette i nomi delle vittime, sulla diciottesima la scritta «ordigno collocato dal gruppo terroristico di estrema destra Ordine Nuovo».

Questa, infatti, la certezza venuta alla luce con il processo aperto alla fine degli anni Novanta e concluso nel 2005, dopo molti strani casi di depistaggi, trasferimenti di funzionari di polizia troppo solerti, interventi dei servizi segreti, interlocutori internazionali, cambi di scena ai processi; per i giudici la strage fu opera di «un gruppo eversivo costituito a Padova nell’alveo di Ordine nuovo» e «capitanato da Franco Freda e Giovanni Ventura».

Condanna morale e storica ma senza effetto giuridico: nessuno ha potuto più condannare Franco Freda e Giovanni Ventura perché erano già stati processati fino all’ultimo grado di giudizio, e assolti irrevocabilmente dalla Corte d’assise d’appello di Bari per insufficienza di prove. In compenso i familiari delle vittime sono stati condannati a pagare le spese processuali.

Da una controinchiesta d’epoca reperibile facilmente on line, stilata fra il dicembre 1969 e il maggio del 1970, scopriamo che venerdì 12 dicembre 1969 le bombe sono state cinque: due a Milano e tre a Roma. Il libro inchiesta tenta una prima analisi, che gli atti del processo in Cassazione hanno confermato a distanza di oltre trent’anni:

«Le bombe del 12 dicembre sconvolgono e sorprendono, soprattutto per la loro ferocia, ma sarebbe inesatto dire che giungono inattese. Rappresentano il momento culminante di una escalation di fatti noti e ignoti che avvengono durante l’intero 1969 e che fanno parte di un preciso disegno politico. Alcuni di essi riconsiderati oggi nella loro sinistra successione acquistano un significato molto chiaro. Le bombe del 12 dicembre scoppiano in un Paese dove, a partire dal 3 gennaio 1969, ci sono stati 145 attentati: dodici al mese, uno ogni tre giorni, e la stima forse è per difetto. Novantasei di questi attentati sono di riconosciuta marca fascista, o per il loro obiettivo (sezioni del PCI e del PSIUP, monumenti partigiani, gruppi extraparlamentari di sinistra, movimento studentesco, sinagoghe. ecc.) o perché gli autori sono stati identificati. Gli altri sono di origine ufficialmente incerta (come la serie degli attentati ai treni dell’8-9 agosto), oppure vengono addebitati a gruppi della sinistra estrema o agli anarchici (come le bombe del 25 aprile alla Fiera campionaria e alla stazione centrale di Milano). In realtà ci vuole poco a scoprire che la lunga mano che li promuove è sempre la stessa, e cioè una mano che pone diligentemente in atto i presupposti necessari alla “strategia della tensione” che sta maturando a più alto livello politico».