LA DATA

13 giugno 1888

Il 13 giugno del 1888 nasce a Lisbona Fernando Pessoa, il poeta dell’inquietudine. Figlio di un critico musicale, Fernando fu condotto in Sudafrica dalla madre che, rimasta vedova, sposò in seconde nozze un militare, console portoghese a Durban. In Africa trascorse gli anni della sua formazione e compì gli studi, sino al superamento dell’esame di ammissione all’Università di Città del Capo. Tornò poi a Lisbona e s’iscrisse al Corso Superiore di Lettere, ma abbandonò la facoltà già al primo anno. Fin dall’infanzia, aveva scritto poesie e prose, in lingua inglese.

Appartato, nascosto, tormentato; per sua stessa ammissione incapace di fare le cose che gli altri facevano con una facilità disarmante; era un travet, un traduttore e corrispondente in francese ed inglese per varie aziende commerciali, impiego che mantenne per tutta la sua breve vita.

Pessoa fu maestro nel creare diversi eteronimi, come Ricardo Reis e Àlvaro de Campos, ovvero suoi alter ego letterari, con personalità distinte e ben definiti stili compositivi. È Mensagem, cioè “messaggio”, il titolo dell’unica raccolta di versi in lingua portoghese curata personalmente dal poeta. Fu pubblicata nel 1934 e comprende scritti di teologia, occultismo, filosofia, politica ed economia.

Fernando Pessoa muore in un ospedale di Lisbona il 30 novembre del 1935, in seguito ad una crisi epatica, causata presumibilmente dall’abuso di alcool. Alla sua morte viene trovato un baule con migliaia di sue composizioni sul difficile mestiere di vivere. Sconosciuta ai più nel corso della sua vita, la sua poesia sarà poi ampiamente imitata dai poeti delle generazioni successive.

Nel nostro paese la sua diffusione si deve in gran parte grazie al lavoro di traduzione di  Antonio Tabucchi, grande studioso dell’opera di Pessoa. «I know not what tomorrow will bring» (“Non so dove ci porterà il domani”) fu l’ultima frase che scrisse. Il poeta fingitore si congedava dal mondo con una frase emblematica di quella, che nel Libro dell’inquietudine, definisce come la «monotona e limitante condizione di uomo».