LA DATA

13 settembre 1440

Maresciallo di Francia, comandante nell’esercito reale durante la Guerra dei cent’anni, compagno d’armi di Giovanna d’Arco, Gilles de Rais passa alla storia non per le sue imprese militari ma per essere stato al centro di una serie di efferati delitti che coinvolsero più di un centinaio di bambini provenienti dalle famiglie contadine che vivevano nelle sue terre.

È il 13 settembre del 1440 quando l’ispiratore della figura di Barbablù dei  Contes  di Perrrault viene posto sotto custodia per le accuse mossegli dal vescovo di Nantes, che si avvale della testimonianza delle famiglie dei fanciulli come di quella dei complici dell’aristocratico per condannarlo a morte con l’accusa, oltre che di omicidio, di praticare l’occultismo e l’alchimia.

Giustiziato per impiccagione e rogo il 26 ottobre dello stesso anno (non prima di essere minacciato di tortura ed averne ottenuto piena, ampia, dettagliata ed orrida, se non vera, confessione), la sua vicenda giudiziaria non si conclude qui, né tantomeno la sua leggenda, visto che già Voltaire, nel secolo dei lumi, sosteneva che la sua condanna fosse dovuta ad ignoranza e superstizione, mentre alla fine dell’Ottocento anche la storiografia ufficiale inizia ad interrogarsi circa la correttezza del processo e la veridicità delle accuse, in seguito alla parziale pubblicazione degli atti da parte dell’abate Eugène Bossard.

Bisognerà però attendere lo studio pubblicato nel 1959 da George Bataille (Le Procès de Gilles de Rais), storico e antropologo francese dalla forte vocazione all’interdisciplinarietà e al maledettismo, perché si possa parlare apertamente di questa controversa figura e del processo che lo vide protagonista.  Lo studioso francese, in sostanza, ritenne di poter dare una lettura politica degli avvenimenti, affermando che Gilles de Rais, pur colpevole, era personaggio di troppo elevato rango per essere posto sotto accusa se non avesse avuto la pretesa di riprendere con le armi il castello di  Saint-Étienne de Mermorte, che aveva perduto in seguito alla sua condotta dissipata, attirandosi l’ostilità del duca di Bretagna e del vescovo di Nantes, che avrebbero pertanto gonfiato le accuse contro di lui per mettere le mani sulle terre contese.

Comunque sia andata la vicenda sul piano storico, la figura del diabolico aristocratico non ha mancato di nutrire largamente l’immaginario letterario: dopo Perrault sarà Huysmans a introdurlo in suo romanzone infarcito di inutili crudeltà dal titolo La-bas (L’abisso, 1891) mentre Raymond Queneau, nei suoi Fiori blu (Les fleurs bleu è un’espressione francese che indica le persone romantiche, melanconiche e nostalgiche, spiega Calvino nel 1965 con la nota alla sua traduzione) lo farà apparire nei balzi temporali compiuti dal Duca d’Auge dal medioevo ai giorni nostri ed un altro scrittore francese, Michel Tournier, dedicherà nel 1983 il suo Gilles e Jeanne alla storia di questo personaggio ed ai suoi rapporti con Giovanna d’Arco.

Troppo lungo sarebbe poi seguire la fortuna del personaggio di Barbablù, in letteratura come nel cinema e in musica: basti qui osservare che le numerosissime varianti della fiaba che si possono rintracciare in Europa, basate sul triangolo giovane sposa-marito misterioso-divieto e in sostanza ruotanti tutte intorno alle conseguenze della conoscenza declinata al femminile, rimandano direttamente, più che all’oscura vicenda di Gilles de Rais, ai miti paralleli di Eva, Pandora e Psiche.