DAILY LA DATA

14 maggio 1931
Schiaffo a Toscanini

Toscanini, a Bologna per un concerto, si rifiutò di eseguire gli inni fascisti e per questo venne aggredito fuori dal teatro e schiaffeggiato con violenza

Oggi si ricorda un piccolo episodio, una notizia da dieci righe in fondo alla pagina, ma che ha avuto e ha tuttora un grande impatto nel comprendere la differenza tra chi pratica l’odio in politica e chi no. Il 14 maggio 1931 era in programma al Teatro Comunale di Bologna un concerto di Arturo Toscanini.  Questi al tempo era considerato – come ancora oggi – uno dei più grandi direttori d’orchestra della sua epoca. Le sue qualità erano la brillantezza nell’intensità del suono, la cura dei dettagli, il perfezionismo esecutivo e la capacità di dirigere senza partitura grazie alla sua fenomenale memoria. Toscanini era di idee socialiste. Agli albori del fascismo però aveva accettato le proposte di Mussolini candidandosi nel 1919 alle elezioni politiche italiane – collegio di Milano – nella lista dei Fasci di combattimento. Lo scivolamento successivo a destra di quello che diverrà il Duce e la pratica della violenza come strumento ordinario della sua politica, gli fecero però cambiare idea. Si allontanò così tanto da Benito da divenire un suo ferreo oppositore sin dai tempi della Marcia su Roma.

Questi atteggiamenti ostili contro il regime gli produssero di conseguenza una perdurante e infamante campagna avversa sia sul piano artistico che professionale. Subì anche provvedimenti come lo spionaggio delle sue telefonate, quello della sua corrispondenza e il ritiro temporaneo del passaporto allargato anche alla sua famiglia.

Il 14 maggio 1931, trovandosi a Bologna per dirigere un concerto si rifiutò di eseguire come introduzione sia l’inno fascista Giovinezza sia la Marcia Reale al cospetto di Leandro Arpinati, ducetto locale, grande amico di Mussolini e di vari altri gerarchi e gerarchetti tra cui Costanzo Ciano (padre di Galeazzo). Ci furono allora lunghe e inutili negoziazioni nel tentativo di farlo recedere dalla sua volontà. Arpinati e Ciano, alla fine, desistettero, tolsero il carattere di ufficialità al concerto – così che non si fosse più costretti a suonare i due pezzi contestati – e si allontanarono.

Toscanini al suo arrivo al teatro – in auto insieme alla figlia – in ritardo a causa delle negoziazioni venne però circondato e aggredito da un folto gruppo di fascisti e violentemente schiaffeggiato sulla guancia sinistra (si presume dalla camicia nera Guglielmo Montani) oltre a ricevere diversi pugni in viso. Lo salvò dal linciaggio il suo autista che affrontò gli aggressori e lo riportò in albergo. Un gruppo di fascisti esagitati, non consapevoli della gravità dei propri gesti – come tutti i fanatici che non sanno né leggere né scrivere ma gongolano sugli slogan – giunsero davanti all’hotel dove alloggiava e gli intimarono di andarsene immediatamente dalla città. Alle due di notte dopo aver dettato un durissimo telegramma di protesta a Mussolini in persona in cui denunciava l’aggressione di «una masnada inqualificabile» (il telegramma naturalmente non avrà risposta) Toscanini partì per Milano. Gli organi fascisti si attivarono immediatamente per nascondere la notizia sia sulla stampa italiana – facile con la censura – che su quella estera. Toscanini allora prese la sua decisione. Abbandonò l’Italia. Si trasferì a New York. Tornò ancora diverse volte in Europa per dirigere, ma non venne mai in Italia. Solo alla fine del fascismo, quindi dopo la Seconda guerra mondiale, rientrò nel suo paese natale.