LA DATA

17 luglio 1918

Il 17 luglio 1918 avvenne l’eccidio di Ekaterinburg. Lo zar Nicola II e tutta la sua famiglia furono assassinati nello scantinato della “Casa a Destinazione Speciale”, dove erano tenuti prigionieri.

Il 16 luglio Ekaterinburg era deserta, le truppe antibolsceviche accerchiavano la città, gli spari si sentivano in lontananza e Jurovskij, il capo delle guardie che vigilavano sui Romanov reclusi nella casa Dom Ipatiev, aveva ormai deciso di eseguire la sentenza di morte. Alle due di notte, il 17 luglio, Jurovskij svegliò il dottor Botkin, medico dello zar, e gli chiese di avvisare la famiglia che la situazione di Ekaterinburg era a rischio e che quindi, per la loro incolumità, dovevano vestirsi immediatamente e passare la notte nei sotterranei. Nel podval, il seminterrato, era stato predisposto un plotone di esecuzione formato da undici soldati, compreso Jurovskij.

Lo zar Nicola, lo zarevic (erede al trono) Aleksej, la zarina Alessandra e le figlie Maria, Olga, Anastasia e Tatiana, la domestica Anna Demidova, il dottor Botkin, il domestico Aleksej Trup e il cuoco Ivan Haritonov scesero la ripida scala, entrarono nei locali dello scantinato e furono fatti sedere, in posa, come per una foto commemorativa.

Mentre i prigionieri lo guardavano ansiosamente, Jurovskij lesse la loro condanna a morte: «Considerato il fatto che i vostri parenti continuano l’offensiva contro la Russia Sovietica, il Comitato Esecutivo degli Urali ha deciso di giustiziarvi». Ebbe inizio la carneficina, ma dopo venti minuti di fuoco, alcune delle vittime erano ancora vive. Più tardi i soldati scoprirono che i corsetti delle figlie dello zar erano imbottiti di pietre preziose, cucite all’interno dalle ragazze per non farsele sottrarre dalle guardie, perciò le pallottole incontravano resistenza nel trapassare i corpi e rimbalzavano sulle pareti. Alcune delle vittime furono finite a colpi di baionetta. Quando tutto finì, i corpi dei membri della famiglia Romanov furono cosparsi di acido, bruciati e gettati in un pozzo.

Il 20 luglio venne pubblicato a Ekaterinburg il decreto dell’eseguita esecuzione: «Decreto del Comitato esecutivo del Soviet degli Urali dei deputati operai, contadini e dell’Armata Rossa. Avendo notizia che bande cecoslovacche minacciano Ekaterinburg, capitale rossa degli Urali, e considerando che il boia coronato, qualora si desse alla latitanza, potrebbe sottrarsi al giudizio del popolo, il Comitato esecutivo, dando corso alla volontà del popolo, ha decretato di procedere all’esecuzione dell’ex zar Nikolaj Romanov, colpevole di innumerevoli crimini sanguinosi».

Il Soviet centrale di Mosca, in seguito, negò lo sterminio dell’intera famiglia, comunicando la sola fucilazione dello zar, «ucciso in un tentativo di fuga», e nonostante gli sforzi di Jurovskij e dei suoi uomini di occultare nel modo più assoluto ogni traccia dell’esecuzione di massa. I resti dei Romanov sono stati portati alla luce nel 1979.