LA DATA

17 novembre 2017

È morto il 17 novembre 2017, un giorno dopo aver compiuto 87 anni, Salvatore Riina, il cosiddetto “capo dei capi” boss mafioso legato a Cosa Nostra. Nei suoi 87 anni di vita Riina si è macchiato di crimini efferati, tanto che è arrivato a essere condannato per 26 ergastoli.

Totò Riina era dotato di un potere enorme all’interno di Cosa Nostra: dagli anni Sessanta in poi è riuscito a mantenere un ruolo di primissimo piano all’interno dell’organizzazione mafiosa e, al momento della morte, era ancora considerato il capo indiscusso.

Totò Riina è morto nel Reparto detenuti dell’ospedale di Parma, dove era ricoverato in seguito a due interventi chirurgici dovuti alle sue precarie condizioni di salute. In carcere, però, Riina vi era già dal 1993; prima in Sardegna, nel carcere speciale dell’Asinara, poi ad Ascoli, dove deve scontare il “carcere duro” (41-bis) e vivere in isolamento. L’isolamento gli verrà revocato nel 2001 e quindi può tornare a vedere altre persone durante l’ora d’aria. In realtà né il 41-bis né il carcere sono stati davvero in grado di isolare Totò Riina che ha continuato a seguire gli affari di Cosa Nostra e a lanciare minacce contro i suoi oppositori, in primo luogo magistrati e rappresentanti delle Istituzioni.

Il nome di Totò Riina viene legato a doppio filo alla vicenda della trattativa Stato-Mafia, un complicato sistema di rapporti tra le organizzazioni mafiose e lo Stato, messo in piedi in seguito alle stragi del ’92 e del ’93 (su tutte le uccisioni dei giudici Falcone e Borsellino e la strage di via dei Georgofili a Firenze). Dopo questi eventi il rapporto tra la politica e la Mafia si fece, in modo inquietante, molto più stretto: i mafiosi avrebbero cessato i loro attentati in cambio di favori dal punto di vista giudiziario, in uno strano regime di convivenza che assumeva tratti molto sfumati. In tutto questo Riina aveva un ruolo importante, anche se le reali implicazioni sia dei boss mafiosi sia dei politici sembrano essere molti difficili da accertare.