LA DATA

18 aprile 1955

Muore a Princeton, nel New Jersey, sede di una delle più prestigiose Università al mondo, Albert Einstein, il fisico che s’è ingegnato nel 1905 la celebre formula E = mc2, una equazione semplice ed elegante che stabilisce l’equivalenza e il fattore di conversione tra l’energia e la massa di un sistema fisico.

Albert-EinsteinSenza Einstein, premio Nobel per la fisica nel 1921 «per i contributi alla fisica teorica, in particolare per la scoperta della legge dell’effetto fotoelettrico», oggi sarebbe impensabile non solo produrre energia con un reattore nucleare e, a onor del vero, mettere a punto un ordigno come quelli che esplosero a Hiroshima e a Nagasaki, ma anche usare il banalissimo navigatore che ognuno ha sul telefonino, perché i satelliti di posizionamento GPS, che devono tenere conto degli effetti di dilatazione temporale per sincronizzare correttamente tempo e posizione, così come qualunque dispositivo che funzioni con raggi catodici (come le vecchie televisioni) o gli acceleratori di particelle (come quelli utilizzati nella moderna radioterapia, ad esempio al centro CNAO di Pavia) sono tecnologie per le quali è necessario tenere conto degli effetti relativistici. E al Cern di Ginevra se ne starebbero con le mani in mano a chiedersi che fare dal mattino alla sera così come non sarebbe possibile spiegare come mai l’oro ha proprio quella tonalità di colore.

Con la teoria della relatività ristretta prima e quella della relatività generale ( chi ne volesse una spiegazione semplificata abbastanza semplificata può trovarla qui) poi, ma anche con i suoi studi sulla validità del concetto di quanto di Planck, mutò insomma in maniera radicale il paradigma di interpretazione del mondo fisico, ma fu anche attivo in diversi altri ambiti, dalla filosofia alla politica, tanto da essere a ragione considerato uno dei più importanti pensatori del XX secolo.

Nato a Ulma in Germania il 14 marzo 1879 si rifiutò di partecipare al Congresso internazionale dei Fisici di Como nel 1927 in segno di opposizione al regime di Mussolini e nel 1933, con l’ascesa di Hitler al potere e l’intensificarsi delle persecuzioni anti-semitiche, decise di trasferirsi negli Stati Uniti. Una campagna atta a screditare i suoi lavori, etichettati come “fisica ebraica” in contrasto con la “fisica ariana”, fu condotta da illustri fisici tedeschi, tra cui i premi Nobel Philipp von Lenard e Johannes Stark.

A lui è attribuita la celebre frase «Sono di razza umana» pronunciata in risposta al funzionario della dogana americana che gli aveva chiesto al suo arrivo negli Stati Uniti appunto di che razza fosse. Il sito Butac, specializzato nello smascherare bufale e luoghi comuni, demolisce questa credenza ricostruendo i vari moduli compilato dallo scienziato per lo sbarco a Ellis Island, e conclude la disamina attribuendo ad Einstein un’altra mirabile sentenza: «Non credete a tutto quello che leggete su Internet…».

La moglie e le figlie di suo cugino Robert furono uccise da un reparto delle SS a Rignano sull’Arno nel 1944, come racconta Camillo Arcuri nel libro Il sangue degli Einstein italiani (Mursia, ISBN 978-88-425-4974-1).

Che abbia compilato o meno quel foglio è bello pensare che abbia sostenuto quel concetto: un altro celebre scienziato, questa volta italiano, Luigi Cavalli Sforza, anni dopo, prove alla mano, gli avrebbe dato ragione.

 

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