LA DATA

18 luglio 1925/1994

Il 18 luglio unisce due avvenimenti molto distanti tra loro, sia in termini spaziali che temporali, ma uniti dallo stesso orribile senso della storia. Nel 1925 in Germania esce il Mein Kampf (La mia battaglia) di Adolf Hitler. È il testo che teorizzerà l’azione politica del nazional socialismo sul cui sedicente percorso di rivalsa fioriranno milioni di morti innocenti, una guerra devastante e la più spaventosa strage razzista del mondo moderno: la Shoah.

È un’autobiografia parzialmente dettata da Hitler all’amico Rudolf Hess (che poi durante la guerra fuggirà in Scozia scappando come un ladro). In pratica un’opera di filosofia politica basata sui due principali pilastri della paranoia hitleriana: l’odio per il comunismo e quello per l’ebraismo. In essa teorizzerà quella che sarà la sua azione una volta al potere: andare in guerra contro tutti ed in particolare contro la Russia per annettere nuovi territori alla Germania

Un odio folle dunque. Folle e insensato che sessantanove anni dopo, esattamente lo stesso giorno, per quanto politicamente lontano dalla politica nazional socialista (con la sua narrazione monomaniacale che addita a chi pratica la religione ebraica ogni forma di colpa, adducendo quasi la sua non appartenenza al consorzio umano) si riverberà nella strage di Buenos Aires dove un’esplosione distruggerà un edificio che ospitava diverse organizzazioni ebraiche provocando la morte di 96 persone più il ferimento di numerose altre.

Le indagini punteranno il dito accusatorio contro gli Hezbollah e il governo iraniano ed in particolare il loro leader di allora Alì Akbar Hashemi Rafsanjani. L’Iran non ha né aveva allora contenziosi territoriali con Israele. Aveva solo un odio ideologico contro la stessa esistenza dello stato ebraico. Per affermarlo o riaffermarlo, non esitò ad uccidere decine di innocenti. La riprova che, anche se in situazioni politiche differenti e in contesti mutati, il seme dell’antiebraismo continua a mietere vittime innocenti.