IL PERSONAGGIO

Scomparso Rosario Villari, illuminista della storiografia meridionale

Quanti saranno gli studenti italiani delle superiori che hanno sudato sui  manuali di storia medievale, moderna e contemporanea di Rosario Villari? Un numero incalcolabile, perché la prima pubblicazione della casa editrice Laterza è della fine degli anni Sessanta e vendette già allora due milioni di copie. Rivisti e aggiornati per adeguarli ai cambiamenti della storia italiana e europea dallo stesso autore, i manuali più diffusi e conosciuti nella scuola italiana, hanno formato intere generazioni di liceali, fino a oggi.

Rosario Villari è morto martedì 17 ottobre nella sua casa di Cetona, in provincia di Siena, all’età di 92 anni. Sarebbe, tuttavia, riduttivo ricondurne l’attività di studioso, di accademico e di intellettuale ai soli manuali e saggi di storia, perché Villari è stato molto di più: storico e docente di grande sensibilità e rigore scientifico certamente, ma anche intellettuale e politico, protagonista indiscusso del dibattito culturale del nostro Paese, antifascista, deputato del Pci dal 1976 al 1979, giornalista, membro della prestigiosa Accademia dei Lincei dal 1990, direttore della rivista “Studi storici” dell’Istituto Gramsci, dal 1976 al 1982.

La sua intensa attività di studioso e di eminente storiografo marxista, esperto di storia del Mezzogiorno e del Regno di Napoli, gli aveva aperto le porte delle più prestigiose università europee e gli era valsa il titolo di visiting professor al St Antony’s College dell’Università di Oxford e all’Institute for Advanced Study di Princeton. È  stato docente di Storia moderna all’Università di Messina, poi di Firenze, per concludere la sua attività prettamente universitaria alla Sapienza di Roma.

Calabrese di origine, era nato a Bagnara Calabra il 12 luglio del 1925, aveva iniziato gli studi a Firenze, per concluderli a Messina, dove era stato allievo dell’accademico e filosofo Galvano Della Volpe. Giovanissimo, aveva esordito proprio come giornalista scrivendo sul “Politecnico” di Elio Vittorini, pubblicando racconti e poesie. Fin dall’inizio, comunque, i suoi interessi si erano indirizzati ai temi della storiografia, soprattutto quella della sua terra di origine, dove si era formata e consolidata anche la sua coscienza politica, civile e sociale. Negli anni Cinquanta, quindi, passò a scrivere di storia sulla rivista di impostazione comunista “Cronache meridionali”. Gran parte della produzione di quegli anni è confluita nel volume Mezzogiorno e contadini nell’età moderna, edito da Laterza nel 1961, anno in cui curò anche l’edizione Il Sud nella storia d’Italia.

La sua attività storiografica, già allora, era marcata da una solida impostazione politica, con la quale Villari sferzava il “vittimismo” e la visione “meridionalista” della storia del Sud, per ritagliare uno spazio di respiro nazionale alla cosiddetta “Questione meridionale”. Era una visione storiografica sostanzialmente nuova, che trovò non pochi detrattori a causa della la visione meno “comoda” rispetto a quella della storiografia liberale. Secondo Villari, gli stessi partiti di massa dovevano avere un ruolo nella risoluzione di un problema che, a suo avviso, affondava le radici nel periodo pre-borbonico.

A differenza di molti studiosi di storia, Villari ha partecipato intensamente al dibattito culturale e storiografico, non solo con i suoi saggi, ma anche con articoli pubblicati in varie riviste, nonché con la presenza in dibattiti pubblici nelle trasmissione televisive e radiofoniche.

La sua visione della storia, a metà tra il rigore scientifico di impostazione marxista e l’esistenzialismo filosofico assorbito da Della Volpe, lo hanno spinto ad assumere spesso posizioni scomode che gli sono valse scontri epici come quello con Eric John Ernest Hobsbawm, lo storico britannico del «Secolo breve», cui Villari era legato da profonda stima e amicizia. Negli anni Novanta, caratterizzati da una profonda revisione della storiografia “sociale”, quale era quella di Villari, fu pesantemente criticato per le omissioni presenti nei suoi testi, a partire dalla mancanza della parola “foibe”.

Fratello di Lucio, anche lui storico, ha pubblicato tra gli altri saggi, La rivolta antispagnola a Napoli (1967), Ribelli e riformatori dal XVI al XVIII secolo (1979), Elogio della dissimulazione. La lotta politica nel Seicento (1987); Per il re o per la patria (1994), Scrittori politici dell’età barocca (1998), Mille anni di storia. Dalla città medievale all’unità dell’Europa (2001).