IL NUMERO

1830

Fra il 29 settembre e il 5 ottobre del 1944 almeno 775 persone vennero trucidate dalle truppe nazifasciste nel comune di Marzabotto, sull’Appennino bolognese. Complessivamente furono almeno 1830 le vittime di quella che è passata alla storia come una delle più gravi stragi della seconda guerra mondiale. Erano tutti civili: donne, uomini, bambini, neonati, anziani, sacerdoti. Le SS guidate dal maggiore Walter Reder, su mandato del maresciallo Albert Kesserling, non ebbero pietà per nessuno.

La cifra delle vittime è approssimativa, calcolata sui dati dell’anagrafe quando alla cittadina venne conferita la medaglia d’oro della Resistenza, nel 1948. Il conteggio comprendeva le persone uccise tra il capoluogo e le località vicine di Vado, Monzuno, Grizzana, Salvaro e Monte Sole. Fra i caduti, 95 avevano meno di sedici anni, 110 ne avevano meno di dieci, 22 meno di due anni, 8 di un anno e quindici meno di un anno. Il più piccolo si chiamava Walter Cardi e aveva solo due settimane.

 Nella zona tra le valli del Reno e del Setta agivano i partigiani della brigata Stella Rossa e la popolazione era sospettata di fornire loro un appoggio. La rappresaglia nazifascista partì dalla chiesa di Santa Maria Assunta a Monte Sole dove gran parte della popolazione si era rifugiata per pregare. I tedeschi vi fecero irruzione, uccisero i sacerdoti e poi radunarono i 197 presenti nel cimitero e li mitragliarono.

In questi giorni Marzabotto ricorda i propri morti nel Parco storico regionale di Monte Sole dove è nata una Scuola di Pace per promuovere l’educazione alla pacifica convivenza tra i popoli. Non può però dimenticare, questa città martire della Resistenza, che i responsabili di tanto orrore pagarono troppo poco: nel 1946 due repubblichini complici dei nazisti vennero condannati dalla corte d’assise di Brescia ma poi vennero liberati per amnistia. Walter Reder fu condannato all’ergastolo nel 1951, ebbe la libertà condizionale nel 1980 e, nel 1985, il presidente del

Walter Reder

consiglio Bettino Craxi gli concesse la grazia lasciandolo ritornare in Austria.

 

Soltanto nel 2006 si è potuto processare gli altri ufficiali nazisti autori della strage, grazie alla scoperta degli atti dell’inchiesta su questo crimine rimasti rinchiusi e nascosti nel cosiddetto “armadio della vergogna” scoperto solo nel 1994 alla Corte militare d’appello di Roma con l’apertura rivolta verso il muro. Dieci degli ufficiali nazisti ancora vivi furono condannati in contumacia all’ergastolo. Nessuno di loro ha fatto un giorno di carcere.