LA DATA

19 agosto 480 a.C.

«I persiani sono così tanti, che con le frecce oscureranno il sole»

«Bene. Combatteremo all’ombra!»

Non c’è libro di storia antica che non riporti questo scambio di battute che alcuni storici attribuiscono al messaggero dell’imperatore Serse e al re di Sparta, Leonida, mentre secondo Erodoto fu la risposta dello spartano Dienece e a un compagno che commentava la superiorità numerica del nemico, poco prima che iniziasse la celebre e sanguinosa battaglia delle Termopili.

Era il 19 agosto del 480 avanti Cristo. Da un parte e dall’altra della stretta gola delle porte calde, così chiamate per le numerose sorgenti di acqua termale della zona, si fronteggiavano lo sterminato esercito dei persiani di Serse e un piccolo manipolo di poco più di 300 greci guidati da Leonida, che proteggeva le retrovie formate da circa 7 mila soldati. Non è dato sapere quanti fossero esattamente i persiani, anche se, mettendo a confronto le informazioni di Erodoto e quelle di Diodoro Siculo, verosimilmente erano oltre 300 mila.

Una battaglia impari durata tre giorni, durante i quali i greci riuscirono a bloccare l’avanzata dei persiani, tenendoli in scacco nello stretto passaggio di 15 metri, con strategie di attacco rapide ed efficaci che disorientavano il nemico, avvezzo a combattere in situazioni diverse e in spazi assai meno angusti. Erodoto narra che Serse, non riuscendo a forzare il muro di quel manipolo di greci, inviò addirittura la guardia personale, la temibile armata imperiale degli Immortali, composta da 10 mila uomini così chiamati perché, appena uno di loro cadeva ucciso o ferito, veniva immediatamente rimpiazzato affinché il numero dei componenti rimanesse sempre lo stesso. Anche gli Immortali fallirono e furono decimati, andando ad ingrossare il già altissimo numero dei persiani uccisi dai greci, che secondo Erodoto furono oltre 20 mila.

Un Davide contro Golia, in chiave greca, in cui è “Davide” a soccombere, ma che ha reso questa battaglia un simbolo immortale, dalla innegabile potenza evocativa. Si può combattere anche quando la sconfitta è scontata, se la causa è giusta e se anche il pur minimo effetto del combattimento può portare a un risultato importante per vincere la guerra. È un concetto che sosteneva con forza anche l’antifascista Sandro Pertini, detenuto nel carcere di Pianosa all’inizio degli anni Trenta, che sapeva di offrire una resistenza inutile, ma aveva la convinzione che il suo sacrificio fosse il messaggio necessario per chi fuori da lì si apprestava a combattere.

La battaglia delle Termopili di Jacques-Louis David

La resistenza e il sacrificio di Leonida e dei suoi alle Termopili, pur essendo una sconfitta, stoppò l’avanzata di Serse, consentendo all’esercito delle poleis di riorganizzarsi e di battere i persiani poco dopo: in mare, a Salamina e sulla terraferma a Platea, dove i greci respinsero definitivamente l’esercito imperiale e indussero Serse a desistere dal sogno di sottomettere la Grecia.

La battaglia delle Termopili, per gli storici, gli scrittori e gli studiosi antichi e moderni è l’esempio dei sorprendenti risultati militari che un piccolo esercito molto motivato e ben addestrato può ottenere contro forze numericamente molto superiori, ma per l’immaginario collettivo resta quella di «Μολὼν λαβέ», «vieni a prenderle!», la risposta di Leonida a Serse che gli intimava di deporre le armi.

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