IL NUMERO

2.000

Tanti anni ci sono voluti affinché fosse revocata la “relegatio” al poeta latino Publio Ovidio Nasone, esiliato da Roma l’anno 8 d.C. dall’imperatore Augusto. Nei giorni scorsi l’assemblea capitolina ha annullato ufficialmente il provvedimento che aveva confinato il più grande degli elegiaci latini a Tomis (oggi Costanza), in Romania, approvando all’unanimità una mozione della maggioranza 5 Stelle che chiedeva la riabilitazione «per riparare al grave torto subito», si legge nel documento.

La storia e lo stesso autore delle Metamorfosi narrano che Ovidio fosse caduto in disgrazia presso Augusto per un «carmen et error» (“Tristia” 2, v.207), forse una relazione illecita con la figlia dell’imperatore, Giulia. Forse per aver ficcato troppo il naso nelle questioni della famiglia imperiale, forse addirittura per aver partecipato alla congiura di Agrippa Pòstumo contro Tiberio, il naturale successore di Augusto. Fatto è che l’imperatore decise di cacciarlo dalla città. Ma lo fece tutto da solo, senza cioè che la “relegatio” venisse ratificata dal Senato a seguito di un pubblico processo, come prevedeva il diritto romano. Ragione per cui, dopo oltre 730.000 giorni, è arrivata la revoca del provvedimento.

Peraltro preceduta da un iter non da poco, dato che è partita da due processi voluti dalla città natale di Ovidio, Sulmona. Il primo, nel 1967, si svolse davanti ad una corte di insigni latinisti, mentre l’appello, del 2011, venne celebrato di fronte a qualificati giuristi. In entrambi i casi Ovidio è stato assolto dai capi di imputazione a lui contestati e la sentenza di assoluzione del secondo processo è stata recepita all’unanimità dal consiglio comunale di Sulmona, che l’ha trasmessa all’Assemblea Capitolina di Roma affinché venisse recepita e ne fosse data attuazione.

Del resto, nel 2008, c’era stato un altrettanto illustre precedente: in quell’anno, il Comune di Firenze ha riabilitato Dante Alighieri a 750 anni dalla sua nascita, revocando l’esilio e annullando la sentenza del gennaio 1302.
Insomma, quando si dice “giustizia lumaca”….