IL NUMERO

2.300

Secondo la International Federation of Journalists, sono circa 2.300 i giornalisti uccisi nel mondo negli ultimi 25 anni. 40, dall’inizio del 2018, dei quali 3 in Europa. Ai nomi della maltese Daphne Caruana Galizia e del reporter slovacco Jàn Kuciac, infatti, si è aggiunto sabato 6 ottobre quello di Victoria Marinova, giornalista trentenne assassinata a Ruse nel nord della Bulgaria, dopo essere stata picchiata e violentata. La giovane reporter della tv locale privata “Tvn”, stava lavorando a un’inchiesta su presunti casi di corruzione relativi all’utilizzo di fondi europei, ma il ministro dell’interno bulgaro Mladen Marinov ha dichiarato che l’uccisione non sarebbe da collegare all’attività professionale e che le indagini si stanno orientando verso l’aggressione da parte di un maniaco.

Conduttrice del programma Detector, proprio nella puntata del 30 settembre, Victoria Marinova aveva parlato di uno scandalo «legato all’affidamento di fondi europei scoperto dai centri di giornalismo d’inchiesta “Bivol” e “Rise Moldovia”», riporta “Il Fatto Quotidiano”. «L’inchiesta mandata in onda da “Tvn” – scrive il giornale – aveva già suscitato polemiche, visto che due giorni dopo la sua pubblicazione da parte di “Bivol”, il 10 settembre, due giornalisti che hanno lavorato al servizio sono stati arrestati dalla polizia bulgara, mentre cercavano di salvare dei documenti in fiamme contenenti le prove dello scandalo. In seguito a questo arresto, le organizzazioni per la libertà di stampa hanno lanciato messaggi di protesta nei confronti del governo bulgaro. Anche L’International Press Institute (Ipi) ha inviato una lettera con la quale chiede al primo ministro bulgaro, Boyko Borissov, di garantire la sicurezza fisica dei giornalisti che lavorano in Bulgaria. Atanas Tchobanov, direttore di “Bivol”, ha invece ricevuto minacce di morte dopo la pubblicazione del cosiddetto GPgate. Adesso chiede la protezione per il produttore di Tvn, Ivan Stefanov, che assieme a Marinova e ai giornalisti di Bivol stava lavorando allo scandalo».

È di ieri, inoltre, la notizia che anche il giornalista di origine saudita Jamal Khashoggi, collaboratore del “Washington Post”, scomparso dal 2 ottobre, dopo essere entrato nel consolato del suo Paese, a Istanbul, sarebbe stato ucciso all’interno dell’edificio. A dare la notizia è l’agenzia “Reuter“, che cita fonti turche.

Khashoggi, 59 anni, scrittore, giornalista, corrispondente estero, noto per le sue interviste a Osama Bin Laden tra il 1987 e il 1995, dopo aver lavorato per la famiglia reale come consigliere, aveva fortemente criticato le scelte politiche del principe ereditario, sulla guerra in Yemen, sulla politica economica, ma soprattutto sulla censura interna e la mancanza di libertà di espressione nel suo Paese.