LA DATA

2 novembre 998

Festa gemella di Ognissanti, ma una gemella un po’ sfigata. Il primo novembre si sta a casa da scuola e dal lavoro. Per i morti no. Perché? Qualcuno sostiene per via del Pil (se non si va a lavorare, questo non cresce). Qualcun altro perché i morti comprendono tutti, ma proprio tutti, santi, atei, apostati e peccatori incalliti, il che la volgarizza un po’. Tra una celebrazione virtuosa dedicata a chi ha votato la propria vita ad esempio e una celebrazione di massa dove ci sta rusco e brusco, la seconda è dunque più plebea e quindi più volgare. 

La storia ci dice che la festa originale si basa sulla dottrina che le anime dei fedeli, alla morte, non si sono purificate dai peccati veniali o non hanno espiato del tutto le colpe passate e dunque non possano raggiungere la Visione Beatifica. Sarà anche vero, ma perché ci dobbiamo pensare noi qui sulla terra a dargli il passaporto per l’eternità Celeste? Non è invece un problema di quelli che stanno già su e che tengono la contabilità delle cose buone e delle cose cattive? Bah! Molte delle credenze popolari relative al Giorno dei morti sono di origine pagana. Come gli irlandesi si pensa che quella notte i morti tornino nelle loro case e si cibino degli alimenti dei vivi. Di certo c’è che è un rito bizantino che al tempo celebrava i morti il sabato prima della domenica di Sessagesima (fine gennaio/febbraio).

Nella chiesa latina, la ricorrenza viene fatta risalire invece all’abate benedettino Sant’Odilone di Cluny che nel 998 DC , con la riforma cluniacense, stabilì che le campane dell’abbazia fossero fatte suonare con rintocchi funebri dopo i vespri del primo novembre, per celebrare la memoria dei defunti. Successivamente questa pratica si estese a tutta la Chiesa occidentale, costituendo per quella data la Commemorazione di tutti i defunti.

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