Sono i tornanti che gli atleti impegnati nel Tour de France hanno dovuto affrontare ieri nella tappa sull’Alpe d’Huez e lungo i quali Vincenzo Nibali è caduto fratturandosi una vertebra e mandando in frantumi il sogno italiano di poter vincere, grazie all’atleta siciliano ribattezzato con il nome Lo Squalo, la gara ciclistica d’oltralpe.
Quei 21 tornanti spalmati su 13,8 chilometri e con picchi dell11% sono considerati il momento della verità: il primo a conquistare l’Alpe d’Huez nel 1952 fu Fausto Coppi, ma col tempo è diventata la montagna degli olandesi ed è rimasta tale nonostante una recente tradizione francese. «Merito – scrive Luigi Panella su “Repubblica” – degli 8 successi su 13 tappe tra il 1976 e il 1989: Zoetemelk (2), Kuiper (2), Winnen (2), Rooks e, ultimo, Theunisse. Kruijswijk cerca di rinverdire la tradizione, ma dietro una partita che è misto tra scacchi e agonismo non gli concede scampo. La Sky comanda con tre uomini: Bernal, Thomas e ovviamente Froome. Nibali accenna ad uno scatto ai -10, azione esplorativa, non sa che la malasorte è in agguato. L’attacco di Nairo Quintana invece è un canto del cigno: il colombiano proprio non va, l’uomo di classifica della Movistar diventa Landa. Dopo la caduta di Nibali il fair play, quindi ci prova Dumoulin prima del doppio scatto di Thomas. Il primo mette in difficoltà Froome, il secondo lo mette in riga sul traguardo. Tour sempre più avvincente, e ancora mancano Massiccio Centrale e Pirenei. Purtroppo con un grande protagonista in meno.
Giù per colpa di una moto della gendarmeria, a sua volta costretta a farsi largo tra una folla che restringe al minimo gli spazi vitali della sede stradale».
Lo Squalo, spiega ancora l’inviato del giornale fondato da Scalfari «aveva limitato i danni a pochi secondi, 13 per l’esattezza. Per classe, orgoglio e anche fair play dei rivali: Froome, Dumolin e Thomas occupano per intero uno dei 21 tornanti della salita per aspettarlo, uno spot alla sportività».
Così Geraint Thomas si prende anche l’Alpe d’Huez.