LA DATA

21 agosto 1911

LINA SENSERINI 

Questa data è passata alla storia per il leggendario furto della Gioconda dal Museo del Louvre di Parigi, ad opera del trentenne, decoratore italiano, Vincenzo Pietro Peruggia.

Era nato a Trezzino, frazione di Dumenza, un borgo in provincia di Varese vicino al confine con la Svizzera, nel 1881. Nel 1909 emigrò in Francia dove cominciò a lavorare come imbianchino data la sua abilità di decoratore, affinata in anni di lavoro con il padre Giacomo, che di mestiere faceva il muratore.

Assunto dalla ditta Gobier che aveva in appalto alcuni lavori al Louvre, Peruggia mise a punto l’idea di trafugare la Gioconda in pochi giorni. Se per fare soldi o per restituirla all’Italia, come qualcuno ha ritenuto, non è dato saperlo. Certo è che il furto si svolse rapidamente, senza intoppi e venne scoperto solo il giorno dopo.

Peruggia scelse il 21 agosto, un lunedì, quando il Louvre era chiuso, per introdursi all’interno del museo dall’ingresso che di solito veniva usato dagli operai. Erano le 7 del mattino. Nessuno si accorse della sua presenza. Staccò il quadro dalla cornice, lo arrotolò e lo avvolse nella giacca, quindi uscì per dirigersi verso casa. La vulgata narra che addirittura prese l’autobus sbagliato e girò per Parigi con La Gioconda sotto il braccio prima di arrivare a casa e di affidarla a un vicino, italiano anche lui, che viveva in un appartamento meno umido e più salubre del suo. Solo successivamente riprese il dipinto con sé, dopo aver realizzato una cassa in cui conservarlo.

Scoperto il furto, scattarono immediatamente le indagini che, tuttavia, fin dall’inizio portarono verso vicoli ciechi. Tant’è che furono fermati con il sospetto di complicità e poi scagionati due giovani, in quel momento sconosciuti, Pablo Picasso e Guillaume Apollinaire. Successivamente furono interrogati anche i lavoratori esterni, tra cui Peruggia cui perquisirono l’abitazione senza trovare traccia del capolavoro di Leonardo.

Il ritrovamento avvenne quattro anni più tardi, nel 1913, quando Peruggia tentò di vendere il prezioso dipinto al collezionista fiorentino, Alfredo Geri, per la cifra di 500.000 lire. Dopo l’abboccamento venne arrestato e nei mesi successivi processato a Firenze. Nel frattempo intorno alla vicenda era nato un movimento di simpatia popolare per il personaggio, per la motivazione patriottica del furto che intanto si era diffusa, per alcune situazioni, oggi diremmo “fantozziane”, che lo avevano accompagnato. La condanna, alla fine, fu di un anno e quindici giorni, ridotta subito a sette mesi e otto giorni. In realtà Peruggia fu subito scarcerato, La Gioconda tornò al suo posto e il temerario “Arsenio Lupin” di Dumenza rientrò in Italia, dove si sposò, ebbe una figlia e dove morì nel 1925.

Finita la vita terrena, tuttavia, nacque il mito, alimentato anche dalla dichiarazioni che lo stesso Peruggia fece ai giudici, cui disse «non sono un ladro! Ho preso La Gioconda per riconsegnarla all’Italia. È stato un gesto patriottico», e dall’eco che l’intera vicenda ebbe sulla stampa europea.

Il mito dell’operaio italiano, sveglio di cervello e svelto di mano, coraggioso o incosciente al punto tale da rubare uno dei capolavori più famosi al mondo, è durato a lungo. Sono passati più di cento anni da quel lunedì 21 agosto 1911, ma la fama di Peruggia resiste e persiste, accompagnata dalla leggenda che La Gioconda sia ancora nascosta nella casa di Dumenza.

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