LA DATA

21 settembre 37 d. C.

Personaggio stravagante, eccentrico e depravato, di Caligola imperatore qualsiasi liceale vi saprà dire che era quel “tipo strano” che nominò Incitatus, il suo cavallo preferito, senatore. Alla pari, dunque, dei titolati membri di quel nobile consesso, il Senato romano, che proprio il 21 settembre del 37 d.C. gli aveva concesso il titolo di “Padre della patria”, pentendosene ben presto amaramente, tanto da tramarne l’omicidio.

Libertino (per dirla con una parola casta) per eccellenza, Caligola amava la vita dissoluta e le soluzioni sanguinarie, vedendo nemici dappertutto. In realtà non fu né tanto peggio né meglio di tanti suoi colleghi regnanti. Ad un certo punto, però, la situazione gli scappò di mano, e dopo aver portato il suo amato quadrupede nel parlamento di allora, si autoproclamò Dio e si fece costruire un tempio in cui si ritirò. Dopo quattro anni di regno, ventottenne, l’ennesima congiura contro di lui ebbe successo.

Eppure le premesse sembravano buone. La morte di Tiberio, il 13 marzo del 37, fu occasione di sollievo per il popolo romano. Tiberio aveva regnato per ventitré anni e ai suoi tempi fu considerato un tiranno per via dei cattivi rapporti instaurati con il popolo, il Senato e i militari. Nemmeno la sua fu una morte accidentale. Quando gli succedette il pronipote Caligola, il mondo ai romani apparve più roseo. Tutti lo giudicavano con favore. Caligola promosse amnistie, diminuì le tasse, organizzò giochi e feste, rese di nuovo legali i comizi.

Ma, realtà o leggenda che sia, il periodo d’oro finì presto. Dopo soli sette mesi da imperatore, venne colto da una improvvisa e strana malattia. Ne uscì sconvolto nel fisico, ma soprattutto nella mente. Divenne rapidamente cinico, megalomane, sanguinario e assolutamente folle. Condannava a morte per i motivi più futili, e spesso condannava due volte la stessa persona, non ricordando di averla già fatta uccidere. Davanti a lui tutti dovevano genuflettersi, e aveva stabilito che il 18 marzo di ogni anno doveva diventare festa in suo onore. Si faceva chiamare come gli dei: Giove, Nettuno, Mercurio, e Venere. Spesso infatti si vestiva con abiti femminili, e portava braccialetti e gioielli vistosi.

Il suo regno durò solo quattro anni (dal 37 al 41). Fu infatti ucciso il 24 gennaio del 41, quando stava lasciando un’arena durante i Ludi Palatini. Lo pugnalarono trenta volte. Assieme a lui vennero giustiziati tutti i parenti prossimi. Neppure la sua giovane bambina Giulia Drusilla venne risparmiata.

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