LA DATA

22 maggio 1978

ALESSANDRO ALVISI

Il Parlamento italiano approva la Legge n. 194 sull’Interruzione Volontaria della Gravidanza o Legge sull’aborto. La 194 consente alla donna, nei casi previsti dalla legge, di poter ricorrere alla IVG in una struttura pubblica (ospedale o poliambulatorio convenzionato con la Regione di appartenenza), nei primi 90 giorni di gestazione; tra il quarto e quinto mese è possibile ricorrervi solo per motivi di natura terapeutica.
La legge sarà confermata dagli elettori nella consultazione referendaria del 17 maggio 1981 con la vittoria dei NO all’abrogazione con il 68% dei voti.

La legge 194 istituisce inoltre i consultori come centri per l’informazione delle donne sui diritti e i servizi a loro dovuti, consigliare gli enti locali, e contribuire al superamento delle cause dell’interruzione della gravidanza. La legge stabilisce che le generalità della donna che ricorre all’IVG rimangano anonime. Il ginecologo può esercitare l’obiezione di coscienza. Tuttavia il personale sanitario non può sollevare obiezione di coscienza allorquando l’intervento sia «indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo» (art. 9, comma 5). La donna ha anche il diritto di lasciare il bambino in affido all’ospedale per una successiva adozione e restare anonima.

Per comprendere l’impatto di questa legge bisogna ricordare come negli anni Sessanta modelli culturali radicati nella società italiana imponessero la maternità come principale realizzazione della donna e come fosse diffusa l’ignoranza dei più elementari servizi sociali, sanitari e di assistenza al parto. Questo, il quadro sociale che, su denuncia dell’Unesco, ha permesso un milione e mezzo di aborti clandestini agli inizi degli anni Settanta con l’aiuto di medici compiacenti o delle “mammane” conosciute, e per le donne più povere e senza mezzi, di dover ricorrere da sole a pratiche pericolose (ferri da calza). Non si conosce il numero di donne morte per emorragie e complicanze successive. Inoltre, l’interruzione volontaria di gravidanza era punibile come reato dal Codice Penale.

Se oggi la legge italiana sull’aborto è considerata tra le più sicure e meno restrittive al mondo, dall’altro, sull’applicazione di questa sul territorio nazionale sussistono gravi difficoltà. Sebbene la legge imponga l’obbligo legale alle autorità di garantire alle donne l’accesso ai servizi sanitari, troppo esiguo e insufficiente resta il numero di personale non obiettore in molte regioni e strutture.

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