LA DATA

24 novembre 1971

24 novembre 1971: Un uomo che si fa chiamare Dan Cooper si paracaduta da un aereo della Northwest Orient Airlines che aveva dirottato, con 200 mila dollari di riscatto; di lui non si è più saputo nulla. Questa è una storia che vale la pena raccontare. Un vero e proprio film d’azione, una trama pensata per avvincere il pubblico, un finale alla James Bond o, meglio ancora, alla Mission Impossible. Unico dettaglio: è successo veramente.

Qui sotto si riporta integralmente la vicenda descritta su wikipedia perché, onore al merito, è scritta come un degnissimo romanzo giallo.

«La vicenda ebbe inizio nel tardo pomeriggio di mercoledì 24 novembre 1971, la vigilia del giorno del Ringraziamento, quando all’aeroporto Internazionale di Portland, nell’Oregon, un uomo che portava una valigetta nera, identificatosi col nome di Dan Cooper (in seguito, a causa di un errore di comunicazione dei mass media, è diventato noto come D. B. Cooper) acquistò al banco della Northwest Orient Airlines un biglietto di sola andata per il volo 305 della Northwest Orient Airlines, diretto a Seattle (Washington), un volo da trenta minuti.

Cooper si imbarcò sull’aereo, un Boeing 727-100 (registrazione FAA N467US), e si accomodò al posto 18C, nella parte posteriore, dove si accese una sigaretta e ordinò bourbon e soda. Testimoni oculari a bordo del velivolo lo ricordano come un uomo di età intorno ai quarantacinque anni, alto circa un metro e ottanta, con un impermeabile nero leggero, mocassini, giacca e pantaloni scuri, una camicia bianca ben stirata, una cravatta nera e un fermacravatta di madreperla. Il volo 305, approssimativamente pieno per un terzo e con un totale di trentasette passeggeri più sei membri dell’equipaggio, decollò alle 14:50 ora locale. Poco dopo Cooper passò un biglietto all’assistente di volo Florence Schaffner, seduta vicino a lui. La Schaffner pensò che fosse il numero di telefono di un uomo d’affari solitario e lo mise nella sua borsetta, ma Cooper si chinò verso di lei sussurrando: “Signorina, farebbe meglio a dare un’occhiata a quel biglietto. Ho una bomba”.

Nel foglio, un messaggio scritto in lettere maiuscole con un pennarello diceva: “Ho una bomba nella mia valigetta. La userò, se necessario. Voglio che si sieda accanto a me. State per essere dirottati”. Il foglio fu ritirato successivamente dal dirottatore e l’esatto contenuto del messaggio è frutto di ricostruzione da parte dei testimoni, che concordano sul fatto che in realtà terminasse con la frase “no funny business” (“non fate scherzi”). La Schaffner accolse la richiesta, poi tranquillamente chiese di vedere la bomba, quindi Cooper aprì la valigetta quel tanto che bastava per poter intravedere otto cilindri rossi con dei fili collegati a una batteria. Dopo la chiusura della valigetta dettò le sue richieste: duecento mila dollari in “valuta americana negoziabile”, quattro paracadute (due primari e due di riserva) e un’autobotte pronta a Seattle per il rifornimento dell’aereo all’arrivo.

L’assistente di volo portò le istruzioni in cabina di pilotaggio. Quando ritornò da Cooper questi si era spostato nel sedile 15-F, vicino al finestrino, e aveva indossato degli occhiali scuri. Il pilota del volo 305, William Scott, contattò il controllo del traffico aereo dell’aeroporto di Seattle-Tacoma, che avvisò le autorità locali e federali. I trentasei passeggeri vennero informati che il loro arrivo a Seattle sarebbe stato ritardato a causa di un “problema meccanico minore”. Il presidente della Northwest Orient Donald Nyrop autorizzò il pagamento del riscatto, preoccupato per una possibile pubblicità negativa per la compagnia aerea. Cooper ordinò la restituzione del messaggio da parte del pilota, al fine di eliminare ogni indizio utile alla sua identificazione.

L’aereo sorvolò l’area dello stretto di Puget per circa due ore, in modo da consentire alla polizia di Seattle e all’FBI di raccogliere i soldi del riscatto, di reperire i quattro paracadute e mobilitare il personale d’emergenza e i tiratori scelti da posizionare sull’aeroporto. Florence Schaffner ricordò che Cooper sembrava avere familiarità con il territorio locale, osservando a un certo punto: “Sembra Tacoma laggiù” proprio quando l’aereo sorvolava effettivamente Tacoma. Disse correttamente anche che la base aerea militare di McChord era a venti minuti di auto dall’aeroporto Seattle-Tacoma. La Schaffner lo descrisse come un uomo tranquillo, educato nei modi e nel parlare, non affatto assimilabile agli stereotipi popolarmente associati alla pirateria aerea. Tina Mucklow, un’altra assistente di volo, era d’accordo: “Non era nervoso”, disse agli investigatori, “sembrava piuttosto gentile, non è mai stato crudele o cattivo, è stato premuroso e tranquillo per tutto il tempo”. Ordinò un secondo bourbon, pagando regolarmente e insistendo per lasciare il resto come mancia, e si offrì per richiedere il pasto per tutto l’equipaggio durante la sosta a Seattle.

Gli agenti dell’FBI raccolsero i soldi del riscatto da diverse banche della zona di Seattle: 10 mila banconote da 20 dollari, non segnate, ma che per la maggior parte avevano numeri di serie che iniziavano con la lettera di emissione “L”, che indicava la provenienza dalla Federal Reserve Bank di San Francisco, e della “serie 1969-C”; venne anche fatto un microfilm di ciascuna di esse. Cooper respinse i paracadute militari ad apertura vincolata offerti dalle autorità, chiedendo invece dei paracadute civili con sistema di apertura manuale, che la polizia di Seattle ottenne da una scuola di paracadutismo locale.

Alle 17:24 Cooper venne informato che le sue richieste erano state soddisfatte e alle 17:39 l’aereo atterrò a Seattle-Tacoma. Cooper ordinò al comandante Scott di far rullare l’aereo in una pista isolata e di spegnere le luci in cabina per scoraggiare i cecchini della polizia. Al Lee, Operations Manager della Northwest Orient di Seattle, si avvicinò al velivolo in abiti civili (per evitare la possibilità che Cooper potesse scambiare la sua uniforme della compagnia aerea per quella di un agente di polizia) e consegnò alla Mucklow uno zaino con il denaro e i paracadute attraverso la scaletta di poppa. Una volta completata la consegna, Cooper consentì a tutti i passeggeri, alla Schaffner e all’assistente di volo senior, Alice Hancock, di lasciare tranquillamente l’aereo. Durante il rifornimento Cooper spiegò il suo piano di volo all’equipaggio: una rotta da sud-est verso Città del Messico alla velocità minima possibile (circa 157 nodi, 290 km/h) che evitasse di far andare in stallo l’aereo e a un massimo di 10 mila piedi (3 mila metri) di altitudine. Per garantire una velocità minima specificò che il carrello dovesse rimanere esteso e gli ipersostentatorialari abbassati di quindici gradi. Per consentire di volare a bassa quota ordinò che la cabina rimanesse depressurizzata. Il copilota William Rataczak informò Cooper che con quella configurazione di volo l’autonomia del velivolo sarebbe stata di circa 1.000 miglia (1.600 chilometri), il che significava che avrebbero dovuto rifornire ancora una volta prima di entrare in Messico: Cooper e l’equipaggio discussero le opzioni e concordarono Reno come scalo per il rifornimento. Infine Cooper dispose che l’aereo decollasse con la porta d’uscita posteriore aperta e la scaletta estesa, ma la Northwest si oppose, perché era pericoloso decollare con la scala posteriore abbassata; Cooper replicò che invece era sicuro, ma non volle discutere la questione, accettando il consiglio e dichiarando che l’avrebbe abbassata lui stesso una volta in volo.

Le procedure di rifornimento a Seattle vennero ritardate, adducendo la causa a un problema di vapor lock nel meccanismo di pompaggio dell’autobotte; Cooper si insospettì, ma permise che le operazioni continuassero. Verso le 19:40 il 727 decollò con a bordo solo Cooper, il pilota Scott, il copilota Rataczak, l’ingegnere di volo Anderson e l’assistente di volo Mucklow. Due caccia F-106, decollati dalla vicina base di McChord, seguirono l’aereo, uno sopra e uno sotto, fuori dalla vista di Cooper. Dopo il decollo Cooper disse a Mucklow di unirsi al resto dell’equipaggio nella cabina e di rimanere lì con la porta chiusa. Verso le 20:00 una spia luminosa si accese nella cabina di pilotaggio per indicare che l’apparato della scaletta di coda era stato attivato, mentre l’offerta di assistenza fatta dall’equipaggio a Cooper tramite l’interfono del velivolo venne seccamente respinta.

L’equipaggio presto notò un cambiamento di pressione dell’aria, segno che il portello posteriore era ormai stato aperto. Alle 20:13 la sezione di coda del velivolo subì un movimento improvviso verso l’alto, sufficientemente significativo da richiedere un riassetto dell’aereo in volo livellato. Per circa due ore non si seppe più nulla di ciò che accadde sull’aereo; solo alle 22:15 il 727 atterrò, con la scaletta di poppa ancora abbassata, all’aeroporto di Reno. Agenti dell’FBI, della polizia di Stato e uomini dello sceriffo circondarono il velivolo, in quanto non era ancora stato determinato se Cooper fosse ancora a bordo, ma un’accurata ricerca confermò che l’uomo aveva abbandonato il velivolo. Le uniche tracce di Cooper rimaste sull’aereo furono la sua cravatta, il suo fermacravatta, otto mozziconi di sigaretta, due dei quattro paracadute richiesti e delle impronte digitali mai ricollegate a qualcuno».

A questo punto, il modo migliore per chiudere è dire perché il nostro eroe ha scelto lo pseudonimo di Dan Cooper.

Dan Cooper è un personaggio a fumetti ideato negli anni cinquanta dal belga Albert Weinberg. Figlio di un progettista di aerei avveniristici (come il Triangolo blu, che dà anche il titolo alla sua prima avventura) e comandante della Royal Canadian Air Force, il pilota Dan Cooper non si tira mai indietro quando si tratta di collaudare apparecchi sempre più sofisticati, tanto che raggiungerà la Luna una decina d’anni prima degli astronauti statunitensi. Vissute ai quattro angoli della Terra, le sue avventure mescolano abilmente la verosimiglianza tecnica e gli intrighi spionistici, l’avventura per l’avventura, il fantastico e la fantascienza.

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