IL NUMERO

259

In poco più di un mese, nel poco tempo che è passato da quando su TESSERE Clelia Pettini ha scritto sullo stesso argomento, il numero dei morti sul lavoro è cresciuto a dismisura. Uno stillicidio quotidiano, un massacro di cui si ha più contabilità che coscienza: erano 154 il 6 aprile, oggi sono 259, altre centocinque persone in soli 38 giorni, quasi tre morti al giorno.

Quando ho cominciato a scrivere questo articolo erano 256, poche ore dopo sono morte sul lavoro altre tre persone.

Per averne almeno i numeri aggiornati esiste un osservatorio indipendente «aperto il 1° gennaio 2008 dal metalmeccanico in pensione e artista sociale Carlo Soricelli per ricordare i sette lavoratori della Thyssenkrupp di Torino morti poche settimane prima bruciati vivi», un luogo virtuale di memoria che i media utilizzano come fonte. Solo ieri un gravissimo incidente sul lavoro ha coinvolto quattro operai delle Acciaierie Venete, a Padova, tre dei quali sono in gravi condizioni; mercoledì 9 maggio è morto un ragazzo di 19 anni che lavorava per Fincantieri, a Monfalcone. Poche ore fa nei cantieri del gruppo Antonini, in provincia di La Spezia, un altro operaio è morto schiacciato da una lastra di metallo e un suo collega è rimasto gravemente ferito, mentre un altro lavoratore moriva in Veneto, la trentesima vittima dell’anno nella regione.

L’Osservatorio indipendente di Bologna, nell’analisi dei dati 2017, analizza alcune questioni in particolare: «nelle aziende dove è presente il sindacato le morti sono quasi inesistenti: le poche vittime nelle fabbriche che superano i 15 dipendenti sono per la stragrande maggioranza lavoratori che lavorano in aziende appaltatrici nell’azienda stessa: spesso manutentori degli impianti. La Legge Fornero ha fatto aumentare le morti sul lavoro tra gli ultra sessantenni. Anche il Jobs act per la possibilità di essere licenziati, senza appello, ma solo con un po’ di denaro, rende i lavoratori licenziabili se si oppongono a svolgere un lavoro pericoloso».

Occorre quindi, lo direbbe anche un bambino, lavorare con grande attenzione sulla sicurezza, e farlo in massa; eppure è di questi giorni la notizia di un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls) licenziato perché ha denunciato le condizioni di salute e sicurezza nella sua azienda: lui si chiama Alex Villarboito, la ditta è la Sacal Alluminio di Carisio, in provincia di Vercelli. C’è un appello a favore del reintegro di questo lavoratore – che è poi anche un appello in difesa del D.Lgs 81/08 che istituisce la figura del Rsl – che mette il dito proprio nella piaga: «quando persino un rappresentante dei lavoratori alla sicurezza sul lavoro viene licenziato (e non responsabile dei lavoratori per la sicurezza, come e’ stato scritto erroneamente da più quotidiani) per aver denunciato la scarsa sicurezza sul lavoro della sua azienda,

significa che le tutele non ci sono più. Poi non stupiamoci che ci sono sempre più morti sul lavoro. Chi ha voluto il jobs act, voleva un lavoro sempre piu’ flessibile. Col jobs act nella sostanza è venuto meno il principio di tutele previste dal d.lgs 81/08, nella sostanza un Rls che denuncia o fa una vertenza per la sicurezza può essere sempre licenziato senza giusta causa e questo va contro i principi di garanzia previsti dalla norma e denatura una figura che insieme ad altre dovrebbe essere garante della sicurezza dei lavoratori. Questi sono i risultati». E che risultati, vien da dire: numerici e quotidiani, un bollettino di guerra.