LA DATA

26 dicembre 1963

Il 26 dicembre 1963 morì la grande attrice Titina De Filippo. Era nata a Napoli nel quartiere Chiaia sessantacinque anni prima, il suo vero nome era Annunziata ed era la primogenita dei figli che Edoardo Scarpetta, grande commediografo e attore, ricco e famoso, ebbe da Luisa De Filippo, sarta della sua compagnia teatrale e nipote di sua moglie Rosa. Le sue due famiglie, quella ufficiale e quella parallela, vivevano praticamente assieme quando Scarpetta era in tournée con la compagnia, e vivevano molto vicine in eleganti quartieri napoletani. Rosa faceva preparare i pasti anche per Luisa e i suoi figli, a parte la frutta, perché quella se la dovevano comprare da soli: una piccola rivincita in una realtà di fatto che aveva dovuto accettare.

Attrice, autrice di commedie, pittrice, Titina sarà l’ago della bilancia tra i fratelli Eduardo e Peppino, che non andavano molto d’accordo. Il suo debutto in palcoscenico fu da piccolissima, nel 1905 impersona Peppeniello in Miseria e Nobiltà al Teatro Valle di Roma, e nei suoi primi anni come attrice si alterna in parti maschili e femminili sotto l’occhio vigile e severo del padre, che descrive così: «Presso la buca del suggeritore c’è un uomo dal volto mobilissimo. […] È autorevole, nervoso, gesticolante, autoritario con tutti. Avevo terrore persino del suo sguardo».

Nel 1915 Titina  inizia a lavorare nella Compagnia Comica Napoletana del padre, diretta dal suo figlio ufficiale Vincenzo Scarpetta; lavora poi nella compagnia di Francesco Corbinci dove incontra Pietro Carloni, che apparteneva a una delle famiglie teatrali napoletane più numerose. I due attori si sposeranno nel luglio del 1922 e avranno un figlio, Augusto. Nel 1931 a Roma debutta la Compagnia del Teatro Umoristico di Eduardo De Filippo, nella quale Titina lavora assieme ai fratelli, dei quali dirà: «Si può dire che li vedevo allora per la prima volta. Prima di quel momento confesso di non averli mai conosciuti veramente. Quei ragazzi scorbutici, chiusi in loro stessi. Avevano vissuto con me un’infanzia curiosa, particolare». Il successo è straordinario. Con loro lavoreranno anche Tina Pica, Pietro Carloni, Dolores Palumbo. Titina inizia a scrivere per il teatro opere come Quaranta ma non li dimostra e Ma c’è papà. Nel 1938 Titina e Pietro lavorano nella rivista di Nino Taranto; torneranno con Eduardo e Peppino nel 1942. Dopo la morte della madre, nel 1944, Titina, che accusa decisamente il colpo, inizia a lavorare solo con Eduardo, perché i due fratelli sciolgono la compagnia: Peppino e Eduardo si dividono il repertorio e seguono strade diverse.

Eduardo crea la Compagnia Umoristica Eduardo e Titina De Filippo e poi Il Teatro di Eduardo con Titina De Filippo. Il 25 marzo 1945 debutta al San Carlo Napoli Milionaria: Eduardo è il primo autore italiano che racconta la guerra vista dai civili, il degrado sociale causato dal conflitto e che deve ricostruire il paese e una società degradata che sembra senza speranze e deve invece ricostruire tutto. Dopo Napoli Milionaria e Questi fantasmi! Eduardo scrive Filumena Marturano, di cui Titina è protagonista, mostrando a tutto tondo la sua tempra di grande attrice con una recitazione essenziale e naturale. La sua interpretazione di Filumena è un trionfo: al Mediolanum di Milano, Titina riceve trentadue chiamate in proscenio, uno spettatore le bacia addirittura l’orlo del vestito. Proprio recitando in una delle repliche di Filumena Marturano Titina rischia la vita a causa di una stenosi mitralica, dovuta alla forte stanchezza; deve prendersi una lunga pausa dalle scene, ma il suo cuore subirà un danno permanente. Durante la convalescenza inizia a dipingere, a creare quadri formati da pezzetti di carta colorata. Ricorda Luca De Filippo: «La vedevo creare i suoi bellissimi collages, ritagliare con attenzione quei pezzettini di carta colorata per dargli vita, con cura». Nel 1952 firma le scene di atti unici rappresentati al Ridotto dell’Eliseo, lavora come caratterista  e come sceneggiatrice e dialoghista, vincendo anche un Nastro d’Argento nella stagione 1951-1952 per la migliore sceneggiatura di Due soldi di speranza, film diretto da Renato Castellani vincitore anche del Gran Premio della Giuria al festival di Cannes. Nel 1954 le sue opere pittoriche sono in mostra a Parigi, e suscitano l’ammirazione di Jean Cocteau: «Questi pezzetti di carta che arrivano da tutte le parti, finiscono per obbedirvi e per assomigliarvi». Nello stesso anno Eduardo apre il Teatro San Ferdinando a Napoli e Titina gli scrive: «Mi sento un corpo senz’anima condannata ad una atroce immobilità. […] Non mi so rassegnare». Proprio per questo, dopo una breve stagione in politica come indipendente nelle file della Democrazia Cristiana e facendo sempre volontariato, Titina accetta di recitare di nuovo in alcuni film. Nel corso della sua carriera lavora con Alida Valli, Anna Magnani, Alberto Sordi, Marcello Mastroianni, Sylva Koscina e Ugo Tognazzi. Nel 1956 compare in un documentario diretto dal critico cinematografico Giulio Cesare Castello, Il museo delle voci.

La sua ultima apparizione cinematografica fu nel film Ferdinando I re di Napoli del 1959, in cui recita insieme ai fratelli Eduardo e Peppino, per la prima e ultima volta insieme dopo la separazione del 1945. Il suo ritiro definitivo dalle scene è immediatamente successivo ed è categorico: due anni dopo infatti dovrà rifiutare un invito di Vittorio De Sica per partecipare come protagonista al film Il giudizio universale (1961). Subito dopo la sua morte De Sica le dedicò il film Matrimonio all’italiana (1964), trasposizione di Filumena Marturano.