LA DATA

29 settembre 1964

«Fermate il mondo, voglio scendere!». È il leit motiv, la filosofia di vita di Mafalda – capolavoro dell’argentino Quino – la bimba di sei anni che odia la minestra, con lo sguardo perennemente diffidente e che non si accontenta di desiderare la fine della fame nel mondo, ma se ne pone il problema con domande candide e disarmanti su situazioni che vanno dalla guerra del Vietnam al razzismo, al fatto che l’indice dovrebbe essere valorizzato perché più importante delle altre dita.

Mafalda ci ha dilettato, divertito e fatto riflettere per dieci anni, dal 1964 al 1973, proprio a partire dal 29 settembre, giorno in cui apparve per la prima volta sui giornali. La serie è stata pubblicata su quotidiani, riviste e libri diventando famosa in tutto il mondo; al personaggio è stata dedicata una statua in una piazza di Buenos Aires oltre a una targa commemorativa sull’edificio nel quale viveva l’autore quando lo ideò.

Mafalda, pur non avendo Iphone X, Facebook o Twitter, è una bambina del tutto normale che vive in un contesto tipico per i bambini della sua età e si interfaccia con situazioni del tutto abituali, in cui la mamma, che per quanto si sforzi non riesce ad essere all’altezza dei pensieri della figlia, ha abbandonato l’Università per amore del padre, appassionato di botanica, l’amica Susanita non si interessa a niente che non abbia come finale (o come fine) un buon marito e dei bambini obbedienti come lei, e il fratellino Guille, che adora la minestra.

Nel suo mondo, Mafalda, con un animo e dei sentimenti da bambina ma con una struttura di chi di vita ne ha vissuta molta, rifiuta di integrarsi. Quando chiede spiegazioni agli adulti, le sue domande sono sempre dirette e disarmanti, fino a provocare in loro crisi di nervi, curate col calmante “Nervocalm”. Mafalda è una bambina dallo spirito ribelle. Non vuole diventare una moglie come Susanita,  considera la minestra la sua Kryptonite, fa del mappamondo il suo unico interlocutore, sdegnando il dizionario («mondo viene dal latino mundus, ma dove va?»), e non capisce perché, al posto di una seria risposta, negli adulti ci siano solo crisi di nervi e imbarazzi quando si tratta del mondo, del loro mondo, il più importante e sottovalutato fra i figli.

Entrando nelle case di ognuno grazie al quotidiano “El Mundo” di Buenos Aires, Mafalda diventa così figlia di molti, divertimento di tutti e problema dei pochi che vanno ben oltre le battute tutt’altro che da bar di una striscia a fumetti. Ma tutti, almeno una volta nella vita, si sono svegliati pensando «oggi mordo», tutti abbiamo pensato almeno una volta «ti prego no» in risposta a «se mangi la minestra diventi grande come mamma e papà».

Nel 1973, Quino l’abbandona dopo oltre 3.000 strisce, per non rischiare la ripetitività, ma si può veramente parlare di abbandono? «I miei sogni sono ribelli, non ci vogliono stare nel cassetto» e così sarà; il cartoonist argentino ce la consegna carica di aspettative e con uno sguardo di sfida, permettendoci di aprire non solo il suo cassetto, ma di sbirciare quasi di nascosto anche nei nostri.

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