LA DATA

3 luglio 1971

«I’m the Lizard King, I can do anything». Parigi, 3 luglio 1971. In un appartamento al numero 17 di Rue de Beautreillis, nel quartiere Le Marais, viene trovato privo di vita, immerso in una vasca da bagno, il leader dei Doors.

James Douglas Morrison, per tutti Jim, il Re Lucertola, era nato a Melbourne in Florida, l’8 dicembre del 1943. All’età di 28 anni aveva già bruciato tutte le tappe della vita e del successo, fino all’appuntamento fatale con la sua «only friend, the end», cercata, celebrata, cantata con tanta forza e altrettanta disperazione in una delle canzoni simbolo dei . The End, appunto.

Cantautore, poeta, animale da palcoscenico, bello come un dio greco, paragonato a Dioniso per i suoi eccessi. Un’anima fragile dentro un corpo dalla sensualità travolgente, accerchiato da frotte di groupies, lui che aveva amato solo la sua Pam, bramato da milioni di fans in tutto il mondo, adorato come un idolo maledetto, immortalato da Andy Warhol in una delle sue opere più celebri.

Impossibile in quegli anni e con queste premesse, uscire indenni, invecchiare e morire come una persona normale. Soprattutto se la morte è amica, una compagna con cui flirtare, un serpente freddo lungo sette miglia da cavalcare senza paura, incontrata per la prima volta, da bambino, quando fu testimone di un incidente in cui persero la vita un gruppo di operai di origine pellerossa. Le immagini di quei corpi straziati sull’asfalto lo avrebbero accompagnato per il resto della sua vita, entrando a tradimento nei pensieri, trasformandosi in versi immortali, musica e poesia.

Cresciuto spostandosi da un luogo all’altro degli Stati Uniti a causa del lavoro del padre, ammiraglio della Marina, costretto a cambiare spesso scuola e amicizie, segnato dal rapporto conflittuale con la famiglia, dalla quale si allontanò definitivamente nel 1964, rinnegando ogni legame e dichiarandosi orfano, Jim si avvicinò alla musica al suo arrivo in California, poco più che ventenne.

È là che avvenne l’incontro, con Ray Manzareck, con il quale decise di fondare un gruppo musicale, in cui più tardi confluirono Robby Krieger e John Densmore. Il nome, The Doors, deriva da un verso di William Blacke, «If the doors of perception were cleansed, everything would appear to man as it is: infinite».

La spiaggia di Venice e l’appartamento in cui il giovane Morrison era andato a vivere tennero a battesimo la leggenda, la band che in soli sei anni avrebbe sconvolto il modo di fare musica e di cantarla. Per sempre. I loro concerti erano un happening di delirio, sfrenato e imprevedibile, più volte interrotti per le intemperanze dello stesso Morrison.

Jim era i Doors. Quando saliva sul palco arruffato, imbronciato, con lo sguardo assente, subiva una trasformazione, nel corpo, negli occhi, nei movimenti nella voce, quasi sempre sotto l’effetto di droghe e alcool. L’ultimo concerto della band, il primo marzo 1969 a Miami, degenerò in una terribile sommossa del pubblico, scatenata dallo stesso Morrison, che fu trascinato via dal palco e arrestato. Quella fu davvero la fine.

Devastato dagli eccessi, nel corpo e nella mente, si ritirò a Parigi per dedicarsi alla poesia, insieme alla compagna di sempre, Pamela Courson, che sarebbe morta di overdose tre anni dopo di lui.

Se ne n’è andato a distanza di alcuni mesi dai i coetanei Jimi Hendrix e Janis Joplin, entrando di diritto nella leggenda.

Sulla lapide della tomba, al cimitero Père Lachaise di Parigi, meta ancora oggi di milioni di fan, campeggia la scritta in greco «κατα τον δαιμονα εαυτου»,«fedele al suo spirito», un inno alla fatale coerenza con la quale aveva condotto tutta la sua vita.