LA DATA

3 maggio 1991

Il 3 maggio di 26 anni fa, a Windhoek, la capitale della Namibia, nel corso di un seminario organizzato dall’Unesco sul tema della “Promozione della stampa africana indipendente e pluralistica”, i giornalisti presenti firmarono un documento destinato a delineare il futuro degli stati africani in tema di libertà di stampa.

La Dichiarazione di Windhoek, tuttavia, era molto di più una carta di intenti pensata per l’Africa del 1991. Ribadiva, infatti, i principi fondamentali e inalienabili della libertà di parola e di espressione contenuti nell’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani, che vale la pena riportare: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere».

Due anni dopo, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite istituì la Giornata mondiale della libertà di stampa e scelse come giorno proprio il 3 maggio, celebrando così l’anniversario della Dichiarazione di Windhoeck e i principi di stampa libera che essa ribadiva.

Dal 1997, l’Unesco celebra la Giornata mondiale della libertà di stampa assegnando ogni anno il premio Unesco/Guillermo Cano World Press Freedom Prize, intitolato al giornalista colombiano ucciso davanti agli uffici del suo giornale il 17 dicembre 1986. Il premio viene assegnato a una persona, a un’organizzazione o a un’istituzione che ha contribuito in modo eccezionale alla difesa o alla promozione della libertà di stampa. Lo scorso anno, ad esempio è andato alla giornalista investigativa azera Khadija Ismayilova, impegnata in molte inchieste tra cui anche “Panama Papers”, condannata per reati che niente avevano a che vedere vedere con la sua professione e rilasciata poco meno di un anno dopo l’arresto.

Il 3 maggio, si celebra anche la memoria dei giornalisti che hanno pagato con la vita il loro dovere di raccontare i fatti e il nostro diritto come cittadini di essere correttamente informati. Secondo il rapporto dell’Unesco Sicurezza dei giornalisti e il pericolo di impunità, presentato a Parigi a novembre 2016, negli ultimi 10 anni, sono morti “sul campo”, oltre 800 giornalisti in tutto il mondo. A questi si aggiungono tutti coloro che hanno subito minacce, intimidazioni, che sono stati rapiti, che hanno subito violenze, che sono stati arrestati, che rischiano il carcere, che vivono sotto scorta per aver lavorato alla ricerca di scomode verità.

A distanza di quasi trent’anni, quindi, la libertà di stampa sembra ancora lontana dall’essere pienamente raggiunta. E purtroppo questa drammatica situazione è destinata a peggiorare, stando a quanto sostiene l’associazione Reporters sans frontières nella sua classifica annuale della libertà di stampa, secondo cui, per inciso, nel 2016 l’Italia compare al 77° posto.

«Tutti gli indicatori della classifica – ha commentato il segretario generale di Reporters sans frontières, Christophe Deloire – mostrano un deterioramento, molte autorità pubbliche lavorano per recuperare il controllo dei loro Paesi e temono che il dibattito pubblico sia troppo aperto».

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