IL NUMERO

3.000.000

Dovrebbe essere questo, stando a quanto afferma la Ragioneria generale dello Stato, il numero degli immigrati in più di cui l’Italia avrebbe bisogno nei prossimi anni, per mantenere in equilibrio il sistema previdenziale. Lo afferma Rinaldo Gianola in un articolo  su “Strisciarossa” intitolato proprio Ecco perché abbiamo bisogno di tre milioni di immigrati.

L’articolo afferma che oggi in Italia «vivono 5 milioni di immigrati, poco più del 9% della popolazione totale. Rispetto ai grandi Paesi europei la presenza di immigrati sul nostro suolo è modesta, inferiore alla percentuale della Germania (14,5%), della Francia (12%), dell’Inghilterra (13,4%), della Svizzera (29%) (Fonte: Nazioni Unite)».

Nelle principali capitali europee, scrive ancora Gianola, «la popolazione straniera già supera il 30% dei residenti, da noi solo Milano sfiora tassi medi di presenza non italiana in linea con le maggiori città europee. Contrariamente a quanto si pensa gli immigrati in Italia non sono tutti neri, africani, musulmani. La maggioranza degli immigrati che vive e lavora da noi è bianca, di origine europea e di religione cristiana. Non ci hanno “invaso”, li abbiamo fatti entrare perché ci servivano. In venticinque anni governi di tutti i colori hanno effettuato sette sanatorie a favore degli immigrati irregolari. I governi di centrodestra si sono distinti per aver consentito sanatorie molto importanti: nel 2002-2003 la Bossi-Fini ha regolarizzato 600mila stranieri, nel 2009 Maroni ha sanato l’irregolarità di altre 300mila persone. Perché abbiamo consentito a 5 milioni di stranieri di stabilirsi, vivere, lavorare, mettere su famiglia, comprare casa, aprire negozi, vendere fiori e pizze nel nostro Belpaese? Il motivo è semplice: ne abbiamo bisogno come il pane, sono una parte dinamica della nostra economia».

Gianola rende chiaro il fatto che «sono state le imprese, le fabbriche, le officine, gli ospedali a esigere nuova mano d’opera, straniera, purché disponibile, meglio se a basso prezzo e pronta a tutto. Gli italiani dal buon cuore considerano utili i lavoratori immigrati, ma devono cambiare la definizione: sono indispensabili. Non c’è alcun furto di lavoro, non c’è quasi competizione tra italiani e immigrati. Nel 2016 in Italia il 74% dei lavoratori domestici, il 56% delle badanti, il 52% dei venditori ambulanti, il 30% dei braccianti agricoli e degli operai edili erano stranieri (Fonte: Fondazione Moressa). Quanti lavoratori o disoccupati italiani prenderebbero il posto dei migranti che raccolgono i pomodori a 50 centesimi a cassa per 14 ore al giorno in Campania o in Sicilia?»

L’apporto economico degli immigrati al sistema economico dell’Italia è dunque determinante, segno che gli italiani, da soli, non ce la fanno, stanno andando verso il collasso demografico. «Gli stranieri – conclude l’articolo – aiutano a pagare le nostre pensioni e la nostra sanità. L’Italia perde progressivamente quote di popolazione in età di lavoro, tra i 15 e i 64 anni, perché non si fanno più figli. Il deficit demografico si allarga ogni anno. Secondo l’Istat perderemo 2,5 milioni di lavoratori attivi da qui al 2030, cifra che potrebbe salire a 9milioni entro il 2050.

Stefano Proverbio e Roberto Lancellotti, già consulenti Mc Kinsey, autori del libro Dialogo sull’immigrazione, scrivono: “Oggi nascono un po’ meno di 500mila bambini ogni anno, ma circa il 15% sono figli di stranieri”, dunque i nati “italiani al 100% sono poco più di 400mila con un saldo negativo tra nati e deceduti nel 2016 di oltre 160mila unità, è come se ogni anno sparisse una città come Verona”».