DAILY LA DATA

3 settembre 1940
Nasce Eduardo Galeano

Vede la luce a Montevideo Eduardo Galeano, giornalista, scrittore, coscienza critica dell'America Latina

«Ogni persona brilla di luce propria in mezzo a tutte le altre. Non esistono due fuochi uguali …»: Eduardo Galeano, nato il 3 settembre 1940 a Montevideo e morto, sempre a Montevideo, nell’aprile del 2015, non avrebbe potuto dare di se stesso una definizione più azzeccata.

Lui – nato in una famiglia cattolica della classe media di ascendenza gallese, tedesca, spagnola e italiana; in gioventù operaio, dattilografo, pittore d’insegne, aveva davvero una luce propria, un’intelligenza critica che lo portò ben presto alla carriera giornalistica. Già all’inizio degli anni Sessanta, era direttore di “Marcha”, con collaboratori del calibro di Mario Vargas Llosa, Mario Benedetti, Manuel Maldonado Denis.

Nel 1973, dopo il colpo di Stato con cui i militari presero il potere in Uruguay, Galeano venne incarcerato e, in seguito, costretto a fuggire in Argentina (dove fondò la rivista culturale “Crisis”). Neanche l’Argentina, tuttavia, era destinata a divenire la sua nuova patria: nel 1976 – quando il regime di Videla s’impose con la violenza – il nome di Galeano fu aggiunto alla lista dei condannati dagli “squadroni della morte”. Lo scrittore si rifugiò in Spagna, e qui scrisse la celebre trilogia Memoria del Fuego (Memoria del fuoco). Rientrerà a Montevideo nel 1985.

Le opere di Eduardo Galeano rivelano un’analisi politica molto raffinata. Ad esempio, Las venas abiertas de América Latina (Le vene aperte dell’America Latina) del 1971, costituisce un vero e proprio atto d’accusa nei confronti dello sfruttamento dell’America da parte di poteri stranieri, a partire dal quindicesimo secolo fino ai giorni nostri. Per Memoria del Fuego (1982-’86) – racconto in tre parti della storia americana del Nord e del Sud – Galeano fu paragonato dalla critica a John Dos Passos e a Gabriel García Márquez, e definito «uno degli scrittori più coraggiosi e raffinati dell’America Latina, di difficile classificazione».

Persino il calcio, di cui Galeano era appassionato tifoso, è divenuto un’opera ironica, a tratti caustica: il suo El fútbol a sol y reves (Splendori e miserie del gioco del calcio) del 1995 paragona lo sport a una recita teatrale oppure a una guerra; lo scrittore critica il patto con le multinazionali, ma anche gli intellettuali di sinistra che non comprendono (per ragioni ideologiche) la passione calcistica e il fascino che esercita sulle masse. Calcio a parte, l’utopia di Eduardo Galeano, quella che – anche se si allontana di continuo – serve «per continuare a camminare», ha illuminato le generazioni e, forte della propria luce, continua a farlo.