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I topi a Venezia

Trecentomila topi a Venezia, cinque per ogni abitante

Trecentomila topi abitano ormai a Venezia, – hanno stimato – quasi cinque per ciascun residente. Non hanno più ritegno: una volta creature degli anfratti sottoriva, dei magazzini, delle porte d’acqua, maestosi per dimensioni e voracità – poveri quei gatti che si mettessero in competizione con loro – ormai scorrazzano nelle calli principali, lungo la scia del più accentuato flusso turistico.

Le pantegane, grasse come nutrie, dall’intelligenza spiccata, vanno a caccia apertamente dei resti di cibo, ma non disdegnano la carta, se di buona qualità (sorci intellettuali) o gli involucri in plastica (sorci ecologisti spazzini). Loro acerrimi nemici, non tanto i felini (ridotti in Laguna ad una quota esigua) quanto i gabbiani, nella feroce lotta per la sopravvivenza.

Non c’è veneziano che non ne conosca lo scalpiccìo nelle intercapedini dei muri, negli impiantiti, nei solai. Una città nella città, che può scatenare pensieri fantasiosi: sono sempre stati così tanti, prima che ci venisse voglia di catalogare i masegni, le pietre del suolo urbano, i battiti di ciglia, i sospiri dei canali? Come funziona il mondo dei topi e cosa li fa così intraprendenti? Tant’è, il Comune – alla notizia – ha predisposto il consueto (ed inutile) piano di derattizzazione: trappole, veleni, dispositivi di monitoraggio. Nessuna variante, nessuna strategia. Come sempre, di fronte a tanta banalità, verrebbe voglia di tifare per i topi.

 

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