LA PAROLA

Dandy

La parola di oggi, dandy, è tratta  dal sito unaparolaalgiorno.it, encomiabile progetto nato nel 2010 dall’idea di due giovani poco più che ventenni – Massimo, dottore in psicologia, web designer, sviluppatore software e appassionato di fotografia, e Giorgio, 28 anni, dottore in giurisprudenza e scrittore – con l’intento di riscoprire parole belle e poco conosciute, che usiamo nel quotidiano ma di cui ignoriamo il potenziale originale. Parole, insomma, che ci permettano di arricchire di sfumature la tavolozza di colori che abbiamo a disposizione per comunicare. «Dalla qualità dei pensieri che facciamo – scrivono nel loro blog – dipende la qualità della nostra vita». TESSERE li apprezza molto.

UNAPAROLAALGIORNO.IT

Se si pensa al dandy si pensa ad Oscar Wilde, ma il dandy si è messo per via quando la strada non era nemmeno in vista del decadentismo, del successo di Wilde; figuriamoci, questa parola è attestata in inglese ai tempi della Rivoluzione americana, e il suo successo internazionale è coevo al Congresso di Vienna – uno sviluppo dal 1780 al 1815, grossomodo. Ne doveva passare di acqua sotto ai ponti, prima che si arrivasse al tramonto dell’Ottocento.

Piuttosto il dandismo si trova spesso aggiogato – quasi ne fosse il fondatore – alla personalità carismatica e arguta, dai modi ricercati e dallo squisito gusto nel vestire di George Bryan Brummell. Non si può negare il suo contributo nel superamento dello stile settecentesco, e quando immaginiamo uma mise maschile ottocentesca con tutta probabilità è la sua; ma non si può mettere sulle sue spalle il carico intero di un movimento culturale iniziato prima di lui e durato più di un secolo: la compiaciuta eccentricità del dandy, tutta rivolta alla ricerca del motto acuto, del portamento di finezza sontuosa, dell’abito un passo avanti alla moda senza gli eccessi sgangherati del secolo precedente ma con stravaganze tutte nuove e più composte, è una delle innumerevoli varietà di critica alla borghesia, al suo poco studiato conformismo, con un genere nuovo di affermazione dell’individualità, con un intento di distacco dal grossolano e dall’insipido compiuto coi mezzi più taglienti dell’ironia e dell’ingegno. Wilde col suo esempio sovrano guida in porto questa tendenza, che col suo successo diventa una categoria del pensiero destinata a durare – la maneggiamo ancora oggi.

Ragioniamo di quel dandy del nostro collega, del cui vestire si spettegola sempre ma che sempre piacevolmente sorprende; il critico d’arte non sarebbe tanto noto al grande pubblico se non fosse un vero dandy; e l’amico è vestito come un dandy anche quando passa la domenica a casa della zia.

Può non sembrare, ma la storia di questa parola è una delle più belle: un’origine ignota, forse misteriosamente collegata al nome Andrew, un successo montante, una moda, una moda opposta alla moda, una categoria astratta e generale di pensiero. È la storia di una trascendenza, scandita da persone con cui sarebbe stato molto bello uscire a cena.

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