LA DATA

4 novembre 1918

Per gli italiani è il giorno della nascita della retorica. Il 4 novembre 1918 venne annunciato che l’Impero Austro-ungarico si era arreso all’Italia in base all’armistizio firmato a Villa Giusti, vicino a Padova, il giorno prima. Per migliaia di poveri contadini significò la fine della guerra, la fine di quell’orribile esperienza che li aveva strappati alle loro case, alle loro famiglie, che aveva imposto a poveri cafoni, contadini siciliani, contadini veneti e lombardi oltre che emiliani, toscani e via elencando, di andare a morire al freddo e al gelo, divorati dalle malattie e dai topi, nel nome di non si sa bene cosa.

Da quel giorno l’Italia (finalmente) poté celebrare i suoi combattenti e i reduci, vestirsi di bianco rosso e verde, portare i bambini per mano in piazza a mangiare qualche dolce e far volare qualche palloncino. Mamme felici e ragazzini vestiti alla marinara avrebbero riempito di tanti bei pensierini i loro quaderni scolastici, celebrando così l’Unità d’Italia, ma dimenticando gli altri: quelli che non avevano i soldi per vestirsi alla marinaretto, i figli dei morti che si trovarono nella miseria più nera, vedove senza mariti che non sapevano come sbarcare il lunario. L’Italia di allora non aveva un sistema di welfare degno di questo nome. Disse a quei poveretti: arrangiatevi. Per amore della verità dunque ricordiamo l’altra faccia di quella guerra sapendo che non esiste ancora una stima ufficiale dei caduti italiani (sia militari che civili). Recentemente la rivista “Epidemiologia & Prevenzione” (Franco Carnevale, La Grande Guerra degli italiani, in “Epidemiologia & Prevenzione”, Associazione Italiana di Epidemiologia, novembre-dicembre n. 6, Milano 2014) ha cercato di fare il punto.

Sarebbero dunque più di 400.000 i morti per fatti bellici. Tra i 950.000-1.050.000 i feriti, dei quali ben 433.000 con menomazioni permanenti. Circa 600.000 i prigionieri e 2.500.000 gli ammalati. A queste cifre vanno aggiunte quelle di italiani caduti combattendo in eserciti stranieri (24.366 tra gli austriaci fino al 1918 e caduti nelle file dell’esercito austro-ungarico, di cui 11.318 trentini); i 300 volontari garibaldini caduti in Francia con la Legione straniera; un centinaio di cittadini italiani morti combattendo negli eserciti alleati. I militari condannati durante la guerra sono stati 170.064; 750 i fucilati dopo regolare processo, altri 350 a seguito di esecuzioni sommarie accertate, mentre un numero imprecisato, rimasto vittima di esecuzioni eseguite senza che se ne potessero registrare i nominativi, è rientrato nel conteggio delle perdite come morti in combattimento. Ai fucilati vanno aggiunti i condannati: morti in prigionia (circa 400 su 2.384 prigionieri di guerra). Infine nel settembre 1919 vi erano 60.000 italiani rinchiusi nelle carceri militari, 40.000 dei quali scarcerati per effetto dell’amnistia.

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