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40
% di calo nel consumo di pane

Gli italiani mangiano sempre meno pasta e pane, il cui consumo è calato, negli ultimi anni, del 40 per cento

Citato in letteratura, osannato nelle canzoni, benedetto sull’altare, richiesto nelle preghiere, presente sulla bocca o meglio nella bocca di tutti, il pane, elemento preponderante dell’alimentazione occidentale e pilastro cardine di quella italiana, sta perdendo il suo potere nel consumo quotidiano.  Negli ultimi anni il consumo di pane in Italia è sceso del 40% con un utilizzo pari a 31 chili pro capite l’anno, un livello largamente inferiore rispetto a quello di altri Paesi dell’Ue. È questa la denuncia di Assipan-Confcommercio e Assopanificatori-Fiesa Confesercenti sulla crisi del settore, che riguarda anche la pasta.

In Italia il consumo di pasta sta diminuendo, ma all’estero e soprattutto in Africa, sta aumentando in maniera esponenziale perché è un prodotto che si conserva facilmente, mantiene i sapori e sostituisce le polentine fermentate che vengono consumate nei paesi africani come piatto unico. L’evoluzione delle preferenze dei consumatori sta andando verso il consumo di zuppe, cereali, farro e la pasta viene usata meno per varie motivazioni. Secondo la Coldiretti, il consumo di pane nel 2010 era di 120 grammi a testa al giorno, nel 2000 di 180 grammi, nel 1990 a 197 grammi e nel 1980 intorno agli 230 grammi. Valori lontani da quelli dell’Unità d’Italia, in cui si mangiavano ben 1,1 chili di pane a persona al giorno. Il pane ha perso addirittura il privilegio della quotidianità con quasi la metà degli italiani (46%) che mangia il pane avanzato dal giorno prima, con una crescente, positiva tendenza a contenere gli sprechi, ma si registra anche un ritorno al passato con oltre 16 milioni gli italiani che, almeno qualche volta, preparano il pane in casa, secondo il rapporto Coldiretti/Censis.

Con il taglio dei consumi si è verificata una svolta anche nelle abitudini a tavola e sale l’interesse per il pane biologico e, con l’aumento dei disturbi dell’alimentazione, sono nati nuovi prodotti senza glutine e a base di cereali alternativi al frumento (kamut, farro).

La spesa familiare in Italia per pane, grissini e crackers ammonta a circa 8 miliardi all’anno, ma nel giro di un anno le quotazioni del grano duro hanno perso il 43 per cento del valore mentre si registra un calo del 19 per cento del prezzo del grano tenero. Con il calo del prezzo del grano sono in pericolo anche i tipi di pane della tradizione popolare italiana tra i quali cinque sono stati riconosciuti dall’Unione Europea: la Coppia ferrarese, la pagnotta del Dittaino, il pane casareccio di Genzano, il pane di Altamura e il pane di Matera.

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