IL NUMERO

49

In capo a un secolo, ben 49 siti artistici e archeologici che si affacciano sul Mar Mediterraneo, individuati dall’Unesco come Patrimonio dell’umanità, potrebbero finire sott’acqua. Innalzamento delle temperature e quindi del livello del mare, erosione costiera, alluvioni, inondazioni e quanto è legato ai cambiamenti climatici potrebbero essere fatali per Venezia, ma anche per Ferrara, Aquileia, il Delta del Po, Vicenza e le ville del Palladio. Di questi siti, infatti, ben 15 si trovano in Italia, lungo le cose e le aree pianeggianti più vicine al mare, 7 in Croazia, 4 in Grecia e 4 in Tunisia.

È quanto emerge dagli studi di un gruppo di scienziati e geografi dell’università di Kiel, in Germania, pubblicato dalla rivista internazionale di scienze “Nature”, il cui estratto si può leggere sul sito “Nature Communications”.Gli studiosi hanno realizzato una mappa del Mediterraneo, suddividendo i 159 siti Unesco di questa area in fasce di rischio, sulla base di precedenti ricerche scientifiche e delle proiezioni matematiche relative alle variazioni climatiche in atto, individuando così i 49 che, nei prossimi 100 anni, potrebbero scomparire dalla terraferma.

Sulla mappa (a destra nell’articolo e qui full screen) le aree costiere più a rischio sono segnate in rosso (con una previsione dell’innalzamento delle acque marine superiore a 2 metri) per scendere gradualmente a quelle evidenziate in blu scuro (innalzamento inferiore a meno di 1,6 metri). E in Italia, se i siti che potrebbero scomparire per primi si concentrano sulla fascia costiera del Nor est, in tempi più lunghi non andrebbe meglio al centro storico di Genova e al suo sistema dei Rolli, a Portovenere e alle Cinque terre, a Pisa, alla costiera Amalfitana, al Cilento e al Vallo di Diano, a Paestum e alle straordinarie bellezze del barocco siciliano di Noto e a del complesso archeologico-artistico di Siracusa. In una parola sola, un disastro, con ripercussioni pesantissime sulla vita della popolazione e sull’economia dei territori.

Ci sono anche situazioni “più fortunate”, come Leptis Magna, in Libia, e Serra de Tramuntana, nelle Baleari, ma complessivamente, dal Nord Africa, alla costa balcanica, da Israele, al Libano, alla Turchia, alla Grecia (nel lungo periodo la più colpita anche dal problema dell’erosione, evidenziato dagli scienziati nello studio), la situazione si profila drammatica.

Soluzioni? Non sembrano essercene di realmente perseguibili, come ad esempio riposizionare alcuni monumenti, che, laddove possibile, pone comunque interrogativi di altra natura. Non resta che provare a realizzare sistemi di protezione, perché la tecnica lo consentirebbe, ammesso che ci siano la volontà e le risorse.

Inevitabile pensare al Mose di Venezia, al fallimento inglorioso di un progetto partito nel 2003, ancora non terminato (doveva essere inaugurato nel 2011) e semmai finirà, sarà già da rifare, come ha raccontato, un anno fa, Roberto Giovannini sul quotidiano “La Stampa“.