DAILY IL NUMERO

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Petabyte per foto buco nero

5 mila miliardi di byte, ovvero 5 petabyte, per la foto del secolo che "ritrae" il buco nero Messier 87
Foto Ansa

In petabyte, 5 pare sia il volume delle informazioni assorbite dagli otto osservatori che hanno contribuito a raccogliere i dati utili a rendere visibile il buco nero supermassiccio, salito ultimamente agli onori delle cronache; la rappresentazione che è stata ritenuta la più aderente a quanto si sarebbe potuto osservare trovandosi lì, a distanza di sicurezza, è un’unica immagine, ormai così celebre, da essere diventata “l’immagine”.

Ovviamente il buco nero non si vede perché è invisibile, quindi l’immagine è solo quella delle incandescenze generate dalla sua presenza. Quindi di fatto, nessuno lo ha visto. Chi ha orecchie per intendere, intenda. E infatti è stato sentito da estensioni sensoriali di computer su spettri informativi che non competono ai comuni 5 sensi.

Un 5 che ricorre anche per dire che quella mole immensa di dati (5 petabyte equivalgono a 5 mila miliardi di byte), è incompatibile anche con le “sinapsi” che quei computer collegano: internet, il Web. Perché ci sarebbero voluti anni, con le attuali tecnologie, per trasmetterli dagli osservatori ai punti di elaborazione.

Come hanno fatto, quindi, a farci vedere l’ombra del buco nero? Hanno imballato e spedito gli hard disk come avrebbe fatto Amazon, senza nemmeno copie di sicurezza, perché anche per queste ci sarebbe voluto un tempo troppo lungo per la irrefrenabile curiosità dei ricercatori, i quali ci possiamo immaginare come bambini a cui si chieda di attendere qualche anno per poter aprire il regalo più bello dell’universo.

Altre informazioni, su “Focus“, nell’articolo Un curioso retroscena tecnologico sulla foto del buco nero.