DAILY IL NUMERO

6/25

Sei dischi su venticinque, usciti fra il 1975 e il 1980, da Young Americans a Scary Monsters: cinque anni durante i quali David Bowie cambia completamente pelle più volte

I dischi registrati in studio da David Bowie sono 25. A una prima puntata chiamata 8/25 cioè otto su venticinque, seguono ora i dischi pubblicati fra il 1975 e il 1980, che sono 6, da Young Americans a Scary Monsters. Sei dischi su venticinque, in 5 anni durante i quali Bowie cambia completamente pelle più volte, sperimenta vocalità dal timbro differente, più profondo, a tratti scuro. La cosa straordinaria è che rimane sé stesso comunque, sebbene alquanto alterato dalla sua vita tossica e alcolica, che è molto rock’n roll ma non rende longevi.

Eravamo rimasti al disco numero otto, uscito nel 1974, Diamond Dogs, disco d’oro sia in Inghilterra che negli USA; ed è proprio per strizzare l’occhio al mercato americano che nel 1975 esce Young Americans, il disco più volatile di Bowie, quello in cui funky e soul soppiantano il rock di punto in bianco, lasciando i fan esterrefatti. Bowie si è innamorato delle sonorità del R&B e del soul, roccaforti della musica nera e statunitensi per eccellenza; il pallido inglese si misura sapendo giocare bene i suoi dadi, il disco avrà molto successo negli Stati Uniti, dove raggiunge la top ten in classifica, e la canzone Fame – che scrive con John Lennon e Carlos Alomar – arriva al primo posto nella classifica dei singoli. Sarà, naturalmente, un altro disco d’oro: negli States, in Inghilterra e stavolta anche in Canada. Nel 1976 esce in America il suo decimo album, Station to station, un disco che conserva in parte le sonorità funky dell’album precedente, ma nel quale emergono venature di quella musica rock elettronica tedesca definita “cosmica” o krautrock che sarà poi fondamentale negli album successivi, nella trilogia berlinese: Low, Heroes e Lodger.

Station to station porta alla ribalta uno strano personaggio, nato nella testa di Bowie a Los Angeles sul set del film L’uomo che cadde sulla terra, e che è il protagonista di una serie di racconti: il Duca bianco.

Nel disco ci sono molti riferimenti esoterici, mistici e alla cabala ebraica, e nel retro di copertina c’è una foto che lo ritrae mentre disegna l’albero della vita.

Non è un buon momento per Bowie-the-Thin-White-Duke: consuma quantità enormi di cocaina e campa di sigarette, latte e peperoni, avvolto in una serie di manie di persecuzione; pare che a salvargli la vita sia stata, guarda il caso, una donna: la sua assistente personale, Corinne Schwab, che ne conosce bene il valore umano, prima che artistico, e lo convince a cambiare stile quotidiano, e anche residenza. Va via da Los Angeles, luogo della sua perdizione che gli è alla fine talmente odioso da affermare: «quel fottuto posto dovrebbe sparire dalla faccia della Terra». Non dev’essergli piaciuto, no. Per cambiare vita David sceglie prima la Svizzera, dove continua a farsi di cocaina a tutto spiano, e poi Berlino, dove c’è molto movimento, molta arte underground, e dove inizia il suo processo di disintossicazione: Berlino Ovest, s’intende, dato che il muro che divide la città sarà abbattuto nell’89. A Berlino inizia la sua collaborazione con Brian Eno, e la sua coabitazione con Iggy Pop e Corinne Schwab; la moglie Angie, vera grande assente in questo periodo, passerà a Berlino solo qualche giorno, per poi tornarsene in America. Il matrimonio fa acqua da tutte le parti, pochi anni più tardi divorzieranno. In questo periodo Bowie produce e scrive con Iggy Pop The Idiot, il primo disco solista dell’amico; lo segue anche sulle scene, suonando come tastierista a marzo e aprile ’77.

Lo affascina l’attenzione alla numerologia e all’esoterismo del nazismo, legge molte cose al riguardo, si espone con dichiarazioni che vengono bollate come filonaziste, ma l’esaltazione pare sia legata più alla polvere bianca che all’ideologia, e il nostro uomo ritratterà a più riprese.

Con l’album Low del 1977 si cambia passo: la composizione diventa più concettuale, meno commerciale, ma arriva lo stesso alla seconda posizione nella classifica britannica; il singolo Sound and Vision, invece, arriva al terzo posto. Il disco piacque molto a Philip Glass, che disse che Low è «[…] un’opera geniale di incomparabile bellezza», e nel 1992 comporrà un’intera sinfonia basata sulle musiche e le atmosfere dell’album, la Low Symphony. Il ’77 è un anno molto produttivo per Bowie: Low esce il 14 gennaio, e nove mesi dopo uscirà Heroes; entrambi saranno disco d’oro in Inghilterra e in Canada.

Su Heroes sono stati stesi fiumi d’inchiostro, la canzone omonima è un simbolo degli anni ’80 ed è stata utilizzata in molti contesti diversi, da sigle di programmi televisivi a pubblicità; il video originale è essenziale, il cantante londinese è solo sulla scena, circondato da pareti spoglie e fasci di luce.

A concludere la cosiddetta trilogia berlinese c’è Lodger, tredicesimo album di Bowie, pubblicato nel 1979 dalla RCA Records. Anche se in realtà solo Heroes è stato registrato a Berlino,  anche per Lodger continua il sodalizio berlinese con Brian Eno, e la critica lo snobba, non ne parla quasi per niente. Eppure Lodger è un disco pieno di sonorità insolite e avvincenti, dove caldi ritmi africani si alternano ai freddi suoni elettronici che caratterizzano la collaborazione con Eno, e infatti oggi è ritenuto uno dei lavori più sottovalutati di Bowie.

Infine il sesto album di questo quiquennio: Scary Monsters (and Super Creeps), quattordicesimo disco di Bowie, pubblicato nel 1980 dalla RCA Records e ristampato su Compact Disc per la prima volta nel 1984. Un disco ancora una volta diversissimo: da una parte si ritorna al rock, dall’altra si prosegue la sperimentazione iniziata a Berlino. Scary Monsters è l’aurea via di mezzo fra il concettuale e il commerciale, e una resurrezione dalle ceneri tristi della polvere bianca.