DAILY IL NUMERO

750
Gli scalatori in coda sull’Everest

L'Everest preso d'assalto da migliaia di alpinisti provenienti da ogni parte del mondo, pronti a pagare 11 mila dollari al governo nepalese per calcare le nevi eterne della cima più alta della Terra
Foto AFP Corriere della Sera

Ci sono molti numeri nell’articolo del “Corriere della Sera” che dà conto di cosa sta avvenendo sulla cima più alta del mondo, a cominciare proprio dall’altitudine di quella vetta, l’Everest: 8.848 metri sul livello del mare.

«La nazione himalayana – si legge nell’articolo – ha emesso finora, per la stagione primaverile di quest’anno, 381 permessi che costano 11.000 dollari ciascuno». Più di 4 milioni di dollari in totale, a chi non farebbero gola.

Ciò sta a significare che a inerpicarsi verso la vetta in questi giorni ci sono più di 750 persone, perché la maggior parte degli scalatori dell’Everest è scortata da una guida nepalese: 381 X 2 = 762.

A questi se ne aggiungono altri 140, anch’essi moltiplicati per due che fa 280, che sono quanti hanno ottenuto i permessi per scalare l’Everest dal fianco settentrionale in Tibet.

Ma il numero che colpisce maggiormente è il 10: è il bilancio delle vittime stilato al termine di «una folle settimana mortale sulla vetta più alta del mondo». Gli ultimi due alpinisti deceduti lassù sono un irlandese e un britannico; due giorni prima altri 3, mercoledì scorso 2 e altri 3 nei giorni immediatamente precedenti. In una settimana dieci appunto. A cui andrebbero aggiunti i corpi ancora dispersi di Daniele Nardi e Tom Ballard sul Nanga Parbat.

«Il cattivo tempo – spiega l’articolo – ha ridotto il numero di giorni disponibili per l’arrampicata», innescando dei «colli di bottiglia» lungo il percorso perché quella fiumana di persone – 750 si è detto –deve percorrere la stessa strada fino alla cima nella stagione in corso.

«Molti alpinisti, non professionisti – si legge ancora nell’articolo che stila l’elenco delle vittime: quattro indiani, due inglesi, due irlandesi, un americano, un austriaco –, salgono con le bombole di ossigeno che rischiano di consumarsi nell’attesa che “ingorghi” e rallentamenti si risolvano: le riserve quindi si esauriscono nel momento più critico, cioè nelle ultime fasi della discesa, quando la stanchezza fa aumentare in modo esponenziale il rischio di incidenti». Code di ore per un affare divenuto assai redditizio. È difficile comprendere con tutto quel “traffico” cosa sia rimasto dell’alpinismo.

La prima ascesa dell’Everest la fecero nel 1953 Edmund Hillary e Tenzing Norgay. Oggi sono altri tempi.