IL NUMERO

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È morto all’età di 79 anni lo scrittore Amos Oz, da tempo ammalato di tumore. Nato a Gerusalemme il 4 maggio del 1939 e cresciuto nel kibbutz Hulda, è stato uno degli autori israeliani più celebri e tradotti (in 40 lingue) in tutto il mondo, un pacifista ante-litteram che nei propri scritti aveva più volte manifestato posizioni politiche moderate, con aperture al dialogo e alla pace tra Israele e gli Stati arabi. La sua voce si era levata anche negli anni più recenti, in occasione delle guerre in Libano e nella Striscia di Gaza, esortando a intraprendere la strada del dialogo e della moderazione. Sostenitore della “soluzione dei due Stati” per porre fine al conflitto, aveva addirittura cambiato il cognome da Klausner a Oz (che in ebraico significa forza) per i forti contrasti con il padre, un intellettuale vicino alla destra ebraica.

Oz è stato un autore molto prolifico (ha scritto più di venti libri tra novelle, saggi e romanzi, oltre a 500 articoli su periodici israeliani e internazionali), segnato dal suicidio della madre Fania quando aveva appena 12 anni, una ferita che ha raccontato nel romanzo autobiografico del 2002, Una storia di amore e di tenebra, unanimemente ritenuto un capolavoro.

La sua carriera è stata segnata da molti riconoscimenti, tra cui il premio Bialik (1986), il Prix Femina (Parigi, 1989), il premio Israele (1998), assegnato nonostante le proteste della destra israeliana, il Premio Príncipe de Asturias de las Letras e il premio Fondazione Carical Grinzane per la cultura mediterranea nel 2007. Tra i suoi libri più recenti, il romanzo Finché morte non sopraggiunga (Feltrinelli, 2018), Tocca l’acqua, tocca il vento e il saggio Cari fanatici.

«Non si è mai scordato da dove veniva – scrive Susanna Nirenstein su “La Repubblica” – e ha sempre scritto della commedia umana all’ombra del confine. La sua è stata davvero una storia di amore e di tenebre. E anche di bellezza, poesia, coraggio. Forza. Che la terra gli sia lieve».