DAILY LA DATA

8 novembre 1923
Putsch di Monaco

l'8 novembre 1923, i nazionalsocialisti di Adolf Hitler tentano un colpo di Stato in Baviera: è il Putsch di Monaco

Il più giovane si chiamava Karl Laforce, era studente d’ingegneria e aveva solo diciannove anni. L’8 novembre 1923 aveva deciso di prendere parte al Putsch di Monaco, noto anche come “Putsch della birreria”: un tentativo di colpo di Stato organizzato ed attuato da Adolf Hitler, assieme ad altri leader del Kampfbund, tra cui Erich Ludendorff. L’azione era improvvisata; l’occasione, il comizio organizzato presso la Bürgerbräukeller (una grande birreria di Monaco) da Gustav von Kahr che – con Otto von Lossow, comandante dell’esercito, e Hans von Seisser, capo della polizia – governava all’epoca il Land bavarese. Hitler si era posto l’obiettivo di costringere il triumvirato a collaborare con i nazisti nel Putsch.

La sera dell’8 novembre, dunque, Kahr stava già parlando da una mezz’ora di fronte a quasi tremila persone, quando Hitler fece irruzione nella sala con le camicie brune di Ernst Röhm, sparando un colpo in aria. Poi, si diresse – con grande stupore degli astanti – sul palco, dove dichiarò che la “rivoluzione nazionale” era scoppiata e che l’esercito e la polizia bavarese stavano marciando sotto la bandiera con la svastica. Quindi Hitler invitò Kahr e i suoi collaboratori a seguirlo in una stanza adiacente, per convincerli ad accettare il suo piano. I tre, in un primo momento, non gli risposero affatto; in seguito, finsero di accettare e comunicarono all’uditorio la loro intenzione di appoggiare il colpo di Stato, per darsela infine a gambe e rinnegare le proprie dichiarazioni.

Nel frattempo, nel presidiare la città nei suoi punti vitali, le truppe d’assalto naziste non avevano avuto miglior sorte: solo Ernst Röhm era riuscito a penetrare nel quartier generale del Ministero della Guerra, senza tuttavia conquistarlo del tutto. La mattina successiva, 9 novembre 1923 (che era anche l’anniversario della proclamazione della Repubblica di Weimar), lo stesso Hitler – con il generale prussiano Erich Ludendorff – marciò con i suoi uomini in aiuto di Röhm, ancora asserragliato con le truppe al Ministero della Guerra. In cuor suo, era convinto che poliziotti ed esercito non avrebbero mai aperto il fuoco contro l’uomo che li aveva guidati in guerra. Non fu così: davanti alla Feldherrnhalle, i nazisti furono attaccati, e persero quattordici militanti; oltre  al giovane Karl, commercianti, impiegati di banca, un giudice della Corte Suprema. Il generale Ludendorff venne arrestato e il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori fu messo fuori legge. Adolf Hitler riuscì a fuggire, ma venne in seguito catturato e processato per alto tradimento. Malgrado la gravità delle accuse (che, secondo il Codice Penale dell’epoca, avrebbero comportato la pena di morte), dopo ventiquattro giorni di dibattimento, l’imputato Hitler venne condannato a soli cinque anni di reclusione, di cui ne avrebbe scontato soltanto uno.