IL NUMERO

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Una tagliatella, per essere definita tale, dovrebbe misurare di larghezza esattamente otto millimetri, una volta cotta e servita in tavola con il suo condimento. Lo stabilisce la ricetta autentica depositata alla Camera di Commercio di Bologna il 16 aprile 1972, dove è conservato anche un modello in oro della perfetta tagliatella. Gli otto millimetri equivalgono alla 12.270ˆ parte dell’altezza della Torre Asinelli.

Se di una larghezza diversa, la pasta non può essere chiamata tagliatella, ma tagliolino (tre millimetri), capello d’angelo (un millimetro), pappardella (12 millimetri), ecc. E a ogni misura corrisponde l’adeguato condimento, regola della cucina petroniana anche questa a cui non si dovrebbe trasgredire, a meno di essere chef affermati e creativi che possono permettersi di sperimentare varianti fuori dal “canone”.

Quindi, i formati più fini come i capelli d’angelo si sposano con il brodo oppure con olio e parmigiano; i tagliolini con un sugo di pomodoro, un ragù di carne bianca o di pesce; le pappardelle con i funghi e la cacciagione; mentre la tagliatella classica vuole il ragù tradizionale o, al massimo, nelle varianti di prosciutto o di salsiccia. Tra le ricette salvate dalla Camera di Commercio di Bologna c’è anche una variante: le tagliatelle di castagne, cioè realizzate con farina di castagne e condite con pancetta e pecorino, secondo la preparazione depositata il 12 ottobre 2006.

Come per tanti piatti della tradizione, anche per le tagliatelle c’è una nascita leggendaria: sarebbero state inventate in omaggio ai biondi capelli della sposa in occasione di un matrimonio, non si sa se quello tra Lucrezia d’Este e Annibale Bentivoglio nel 1487 o quello tra Lucrezia Borgia e Alfonso d’Este nel 1503, a opera di uno chef di nome Zefirano.

da Forse non tutti sanno che a Bologna… (Newton Compton Editori)