POESIE ZIBALDONE

A Carlo Giuliani

 

Carlo,
quel brutto giorno che ti vide a terra
io guardavo le immagini,
piena di rabbia e di dolore.

Avrei voluto aiutarti a rialzarti
come se fosse stato un film,
o come in uno di quei giochi
che si facevano da piccoli,
indiani e cowboys, ma,
Carlo, ragazzo mio, figlio caro,
non era finzione,
era sangue quello sul selciato,
erano tuoi quei sogni tagliati via
da chi avrebbe potuto risparmiarti.

Mi dissero che era giovane,
proprio come te,
che aveva avuto paura,
ma non volli sentire niente.

Non avevi una bomba nello zaino,
ma un vecchio estintore
e un rotolo di scotch sul braccio.

Così, me ne andai di fronte al mare, come avresti voluto fare tu,
quel giorno di luglio,
a pensare al tuo viso da bambino
e ai tuoi cani
che non ti avrebbero più riconosciuto,
già da lontano,
coda al vento e abbaiare festoso,
agli amici, alla ragazza
che non avresti mai rivisto.

Della dignità e delle parole
di tuo padre, di tua madre,
che, senza gridare,
chiesero verità e giustizia
saresti stato contento,
Carlo, ragazzo errante,
tu che avevi scelto da solo il tuo modo, il tuo passo,
tu che eri fuori dai giochi della politica e della retorica di qualsiasi colore,
tu, il torto più grande,
tra gli innumerevoli torti,
delle giornate di Genova,
di quei giorni
in cui s’imbrogliarono le carte
per far tacere chi voleva parlare,
e l’ordine fu chiaro:
“Non faremo prigionieri”,
tu che non avresti voluto
essere il simbolo
dei giorni della repressione
e della violenza più nera:
Carlo Giuliani, un ragazzo.

 luglio 2010

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