LA PAROLA

Abbuffata

Si dice che Honoré de Balzac sia stato costretto ad abbuffate pantagrueliche per affrontare la fatica di scrivere alcuni dei suoi più celebri romanzi. Pare infatti che il grande scrittore francese soffrisse della “fame da bue”, un disturbo oggi chiamato, con maggior pompa, bulimia nervosa, che lo costringeva a divorare con ingordigia un’enorme quantità di portate. Soltanto grazie a queste abbuffate, che gli avrebbero consentito di superare i momenti di maggiore stress del suo lavoro, sarebbe riuscito a portare a termine capolavori come Eugenia Grandet e Papà Goriot.

Oggi la strada ammiccante ideata da Balzac per vincere lo stress da scrittura pare al tramonto. Due scienziati italiani, Pietro Cottone e Valentina Sabino della Boston University, hanno scoperto l’esistenza nel cervello di un freno capace di bloccare ogni tipo di abbuffata. Sicuramente ne guadagnerà la salute di molti, magari a scapito della creatività di pochi.

Ma cos’è l’abbuffata? Nient’altro che un pasto abbondante consumato con estrema ingordigia, non per portare a termine un grande romanzo, ma più prosaicamente per sottolineare l’illusorio trionfo del benessere, fino a metterne in luce tutti gli eccessi, come spesso succede a Capodanno. L’aveva ben chiaro il regista Marco Ferreri, che, con il suo film La grande abbuffata, intendeva raccontarci «un’allegoria della società del benessere condannata all’autodistruzione», per dirla con Paolo Mereghetti. Quattro amici si danno appuntamento in una villa fuori Parigi per suicidarsi in un’orgia di cibo, e non solo. Scandalo prevedibile e regista impalato dai soliti noti, se pur gratificato dal successo internazionale e dal trionfo al botteghino.

Quanto alla più antica abbuffata, c’è chi la vorrebbe far risalire a 48 milioni di anni fa: da poco in Germania è stato scoperto un rarissimo fossile che immortala una triplice abbuffata preistorica, il serpente che si mangiò la lucertola che ingoiò lo scarafaggio.

Il peggio è toccato all’editorialista del Washington Post, Dana Milbank, costretta ad una stranissima abbuffata: mangiarsi l’articolo in cui aveva scommesso che Donald Trump non avrebbe mai conquistato la nomination per la Casa Bianca. Il tutto però addolcito dall’immancabile grande abbuffata finale di otto portate carnivore.

Oggi l’abbuffata vera, quella del cibo, pare aver fatto il suo tempo, complici la crisi economica e le nuove abitudini alimentari. Ci si abbuffa, senza neppure la consolazione del cibo. Tra le nuove abbuffate c’è senz’altro quella di politica, dove non vince più la forza delle idee, ma quella delle urla. L’ultima moda in fatto di grande abbuffata però sembra il binge-watching, “maratona di visione”, una nuova pratica di consumo di contenuti in streaming, che consiste nel guardare diversi episodi di una serie televisiva consecutivamente senza soste. Roba da far rimpiangere amaramente la vecchia abbuffata alimentare.

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