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Abdicazione

La rinuncia al trono, l'abdicazione, la cessione del potere. Celebri episodi hanno riempito la storia e ispirato poesia e letteratura

 

L’abdicazione di Akihito, foto La Repubblica

L’abdicazione è l’abbandono volontario del potere da parte di un sovrano (dal latino abdicatio, rinunciare). La parola si usa quando avviene la rinuncia al trono compiuta da un monarca, mentre nel caso di una carica diversa si parla di dimissioni. Si può abdicare per ragioni personali, come fece Vittorio Emanuele III di Savoia nel 1946, quando rinunciò al trono in favore del figlio Umberto II.  Dato che una carica era legata non solo a poteri, ma anche a doveri, in passato non era sempre possibile abdicare, frapponendosi ostacoli come il giuramento prestato e il ruolo “sacro” del sovrano, ritenuto investito da Dio di quella carica.

La storia antica e moderna è costellata da celebri episodi di abdicazione che in qualche caso hanno cambiato il corso degli eventi. L’imperatore Diocleziano, che si riturò a vita privata nel 305 d.C., dopo 20 anni di governo e una dura campagna di persecuzione contro il Cristianesimo, che considerava come un pericolo per lo stato. Rinunciò in seguito all’offerta di ritornare alla carica di imperatore. Lo zar Nicola II che, in seguito alla formazione del governo provvisorio nel 1917 presieduto dal principe L’vov, abdicò in favore del fratello Michele, che rinunciò al trono il giorno dopo. In tempi più recenti, nel 2019, l’imperatore del Giappone Akihito ha abdicato in favore del figlio Naruhito.

Sicuramente il più celebre caso di abdicazione, anche se si deve più propriamente parlare di rinuncia all’ufficio del romano pontefice, sono state le dimissioni di Papa Benedetto XVI, il 28 febbraio 2013. Prima di Ratzinger, avevano abdicato solo cinque papi: Clemente I (in carica dall’88 al 97), Papa Ponziano (dal 230 al 235), Benedetto IX (dal 10 marzo al primo maggio 1045), Celestino V (dal 29 agosto al 13 dicembre 1294), Gregorio XII (dal 1406 al 1415).

Il caso storicamente più conosciuto è certamente quello di Celestino V, il papa “del gran rifiuto”, in carica dal 29 agosto al 13 dicembre 1294, cui successe Bonifacio VIII. A lui Dante dedica la celebre terzina dell’Inferno (III, 58-60):
«Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l’ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto».

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