DAILY LA PAROLA

Acquagranda

Acquagranda: una parola per raccontare la devastazione dell'alta marea a Venezia

Non era una parola, ma lo è diventata, sommando il sostantivo all’aggettivo, la lingua al vernacolo: acquagranda, quasi un’invocazione, un rito apotropaico, un mantra. Ora, mentre se ne scrive, la marea monta ancora in una mattina lagunare di tardo autunno, porta con sé vite e materassi, libri e ricordi. Acquagranda, a Venezia, era già comparsa, oltre cinquant’anni fa: la forza distruttrice dell’onda che sale e, talvolta, non cala, disattende i proverbi degli anziani, soffia vento e putrescenze. Oggi l’acquagranda è ritornata, con il suo carico di tragedia domestica e civile che tutto oltraggia. Si reitera un giorno dopo l’altro, mentre la città – in un empito di resistenza ostinata – non vuole mollare.

Si asciuga ciò che è destinato a bagnarsi ancora, e ancora. Si ritrovano gesti di solidarietà insperata e preziosa: i giovani che rimuovono i rifiuti, povere cose ormai inservibili; i tecnici che forniscono aiuto gratuito; i volontari impegnati nel primo soccorso ai libri antichi, agli spartiti del Conservatorio Benedetto Marcello, agli archivi cartacei. Soprattutto, si percepisce una sensibilità diversa, perché diverse sono le ragioni, diverse le cause di questa acquagranda. Un’opera d’ingegneria idraulica incompiuta, quel MOSE tanto faraonico quanto disutile; l’allargamento delle bocche di porto e il relativo stravolgimento dell’ecosistema lagunare; il passaggio continuo dei grandi mostri da crociera, navi gigantesche che inquinano e devastano le rive. C’entra anche questo? Sì, c’entra, per l’idea di città che va perdendosi nella marea; per l’incuria e la logica di profitto che non guardano  né alla salvaguardia, né alla manutenzione ordinaria.

I veneziani, attendendo che cambi la luna e giri il vento, pretendono di riavere dignità. Lo hanno chiarito in massa, intervenendo lo scorso fine settimana ad un’assemblea pubblica in Centro Storico: giovani e meno giovani, sardine e ambientalisti, protagonisti dei giorni più bui. Cittadini avvelenati; non veneziani innamorati folli di questo posto difficile e bello, Comitati No Grandi Navi. Sono accorsi ad un semplice richiamo sui social, laddove Internet non è saltato, o grazie al passaparola. Lo hanno gridato in manifestazione intere famiglie, la scorsa domenica, mentre l’acqua scendeva anche dal cielo a lavare il salso dai masegni. Perché le risposte esistono, nonostante l’acquagranda. È questione di coscienza, di onestà e di amore: tutti valori che restano sul fondo e la marea non trascina con sé.