DAILY LA PAROLA

Acribìa
#paroledasalvare

Rigore, pignoleria, precisione, esattezza, accuratezza. Ovvero "acribìa"...giustamente #paroladalsalvare perché sempre meno usato il metodo, più che la parola stessa

Si discute se la pronuncia corretta sia acribìa o acrìbia, ma è una dissertazione oziosa, perché il dubbio che questa parola venga ancora usata è legittimo. La sempre utile ed eccellente enciclopedia Treccani decreta che la corretta pronuncia sia con l’accento sulla seconda “i”, poiché il termine, pur derivando dal greco akrìbeia (accuratezza), è arrivato alla lingua italiana attraverso il tedesco akribìe, usato soprattutto in ambito filologico e negli studi storici.

Nella Chiesa cristiana ortodossa significa rigore e indica la stretta aderenza alla legge della Chiesa stessa. In ogni caso l’acribìa intesa come accuratezza critica e metodologica è ritenuta dagli studiosi il giusto atteggiamento che lo storico o il filologo dovrebbe adottare nella ricerca, nel confronto dei testi, nel lavoro di ricostruzione.

Il Dizionario della lingua e della civiltà italiana contemporanea De Felice-Duro, alla parola filologia, scrive che «lo studioso impegnato nella ricerca di una verità talora la trova mascherata da un falso documento, soprattutto in quei periodi dove la penuria di testimonianze o l’attendibilità delle fonti richiede un’acribia critica e filologica condotta in maniera guardinga e prudente. L’acribia filologica, che in questo caso rientra in quella branca della filologia chiamata ecdotica, si manifesta ad esempio nella meticolosa ricostituzione della loro forma originale e nell’individuazione degli aspetti e dei caratteri linguistici e culturali dei documenti analizzati».

Ad esempio, si deve all’acribia filologica di Lorenzo Valla la scoperta che l’Editto di Costantino è un falso, prodotto per giustificare la nascita del potere temporale dei pontefici romani. L’analisi della lingua latina usata per redigere il documento lo faceva risalire a un’epoca di molto posteriore all’età di Costantino.