LA PAROLA

Aeroporto

Parola che personalmente tendo a scrivere sempre sbagliata. Infatti, aggiungo costantemente quella “e”, ad intendere aereo + porto, ergo “aereoporto”; purtroppo nonostante la logica schiacciante di questa associazione di parole, lo spelling risulta grammaticalmente sbagliato ed in realta “aereoporto” si scrive aeroporto, senza quella maledetta, ma molto attraente, “e”.

Aeroporto è definito dalla enciclopedia Treccani come un luogo provvisto di infrastrutture che permettono decollo ed atterraggio di aeromobili (e non aereomobili come si sarebbe tentati di pensare).

Gli aeroporti si dividono per funzione in civili e militari; i primi si distinguono a loro volta in nazionali o internazionali a seconda della destinazione dei voli, che appunto volano – da e su – questi aeroporti. Quelli militari possono essere parte di un aeroporto civile o essere a sé stanti come per esempio la base militare Camp Darby situata tra Pisa e Livorno, quest’ultima da sempre, e anche più recentemente, obiettivo di varie proteste, dovute ai continui piani di ampliamento delle piste e/o costruzione di reti ferroviarie apposite per la consegna armi.

È la torre di controllo il centro nevralgico delle attività di volo, transito e sosta di ogni aeromobile; opera tramite radar ed altri apparecchi per essere in continuo contatto con i piloti che a questa richiedono il permesso di atterrare/decollare.

Le piste devono essere costruite su un terreno adatto, con leggere pendenze studiate per non far ristagnare l’acqua, lunghe abbastanza per permettere rullaggio e volo.

La lingua più parlata negli areoporti, per qualsiasi tipo di comunicazione tra piloti, addetti a movimenti terreni e controllori, è ovviamente l’inglese. Curiosa è la traduzione inglese dei nostri “atterrare” e “decollare”: mentre atterrare viene tradotto come landing, che conserva un nesso logico nel suo corrispettivo in italiano, in quanto land significa terra, e ovviamente ha qualcosa a che fare con toccare terra o atTERRAre; il verbo decollare, invece, è tradotto come take off, ossia letteralmente tirare giù, e quindi per i non anglofoni risulta praticamente privo di senso.

Migliaia di persone si muovono ogni giorno in aeroporti; questi hanno ridefinito dal secondo dopoguerra il nostro modo di viaggiare, vivere e creare rapporti sociali di qualsiasi genere. Nell’areoporto ci si presenta sempre qualche ora prima del decollo del volo prenotato. E questo ha un qualcosa di interessante; l’attesa obbligatoria spinge ad occuparsi di cose alle quali normalmente si dedica meno tempo, come per esempio leggere un bel libro, fantasticare su cosa si farà a destinazione o al ritorno a casa, o semplicemente parlare con il proprio compagno di viaggio.