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Cicatrici: un percorso di guarigione

Ci sono ferite che per cicatrizzarsi hanno bisogno di altre ferite (Michelangelo Merisi)

È stata inaugurata sabato 15 dicembre, allo spazio Spacebarcoworking, a Carbonia, la personale Cicatrici del pittore carboniense Lorenzo Casula, che rimane aperta fino al 22 dicembre. Come già avvenuto nel luglio del 2017 con la mostra Lacerazioni, prosegue il viaggio dell’artista per capire, accogliere e curare le lacerazioni interiori, che sono moto della sua anima (e, a guardare le sue opere, anche nostre) e della sua sensibilità. In questa nuova personale, Lorenzo Casula propone non certo la soluzione del proprio malessere interiore ma, finalmente, con più pacatezza e serenità, un percorso di “guarigione”. Protagoniste di questo cammino sono le Cicatrici, nel significato profondo che portano in sé come testimonianza di un vissuto, il segno tangibile e visibile, un tatuaggio dell’anima, di quanto, dentro, si è percorso.

Le cicatrici che Lorenzo mostra al pubblico sono le sue angosce interiori, che si riappacificano con la presa di coscienza della sua storia e di quella della sua terra. Non a caso, nelle opere in mostra, c’è l’elemento simbolo di questo territorio ferito, umiliato, sfruttato e poi dimenticato: il carbone. Non a caso le ferite che Lorenzo tenta di ricucire, così intrise di colore, così pulsanti come nuova linfa, sono squarci di luce e di speranza in mezzo al nero del carbone. Sono cicatrici amorevoli quelle che in mostra. Parlano dei nostri padri, che questa città hanno creato e in cui hanno riposto la speranza di un futuro. Un segno di luce, in contrapposizione al nero opprimente e soffocante delle profondità in cui si calavano. Sono le cicatrici che alla nostra madre Terra, come alla nostra anima, noi stessi infliggiamo. Ma sono anche il segno di una consapevolezza raggiunta.

Le opere esposte riportano concettualmente a una tecnica di riparazione in uso in Giappone, nonché a una filosofia che quel popolo persegue. Si chiama kintsugi (金継ぎ), o kintsukuroi (金繕い), letteralmente oro (kin) e riunire, riparare, ricongiunzione (tsugi). Quando una ciotola, una teiera o un vaso prezioso cadono frantumandosi in mille cocci, vengono buttati. Eppure, come nella ricerca interiore di una guarigione, secondo i Giapponesi, c’è un’alternativa. Questa tecnica insegna a fare l’esatto opposto con l’oggetto del nostro dispiacere, da occultare o buttare via: evidenzia le fratture, le impreziosisce e aggiunge valore alla cosa rotta.

Ecco, nelle nuove opere di Lorenzo Casula si intravede questo percorso. Le ferite dell’anima, della propria singola storia, di quella di un popolo o di un territorio non vanno celate o “buttate via”, ma esibite senza imbarazzo, con la certezza che possano essere di insegnamento e speranza, come parte dell’uomo e della sua storia. La sofferenza, oggi, è da nascondere; è considerata un sentimento sterile, da rimuovere, anziché un moto dell’anima grazie al quale ciascuno ha la possibilità di comprendere più a fondo se stesso e di reinventare la propria esistenza.

Se nella mostra precedente, la tela bianca di Lorenzo Casula era un muro da scalare, in questa è ben visibile quanto l’artista abbia percorso e quanto di questa strada venga materializzato proprio nella tela. Le Cicatrici di Lorenzo Casula raccontano e lo fanno in tutta la loro trasparente chiarezza. Al visitatore, l’ascolto.

La mostra è un’opportunità da non perdere per scoprire qualcuna delle nostre cicatrici, osservando quelle che l’artista così piene di luce, con le quali lascia un riverbero e offre speranza. Veniamo al mondo incisi da una cicatrice che alla vita ci consegna; diamo a queste, quella tenerezza e quello sguardo benevolo che le opere di Lorenzo Casula ci invitano a fare .

C’è una crepa in ogni cosa. È da lì che entra la luce (Leonard Cohen)

 

 

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